Per
il lettore contemporaneo l'affermazione del titolo può apparire
forse addirittura risibile, abituato come è, alla separazione netta
tra scienze pratiche, in primis la Matematica – scienza
quantitativa per antonomasia e strumento di tutte le altre – e
la Metafisica, così come al discredito di quest'ultima.
Invero per gli antichi così non era. La Metafisica infatti,
in quanto si occupa dei Principi Primi, era la prima delle
Scienze e strettamente interconnessa alle altre. La concezione
moderna di fatto toglie la chiave d'accesso alla corretta
interpretazione dei testi originari imponendo la distorsione propria
della propria impostazione. Occorre dunque lasciarla da parte e
partire
dalla impostazione dei greci. Bisogna cioè tener
presente che le tante dispute sull' “Uno” originano dal
fatto che – a differenza che per i contemporanei – l' “Uno”
non è, come anche il “Due” o diade, semplicemente un
numero. L' “Uno” infatti è anche un Principio, il Principio
di Unificazione, e perciò ha connotazione Metafisica. E'
possibile così comprendere le tante dispute sull' “Uno” (si veda
ad es. il “Parmenide” di Platone). L'impostazione
originaria della problematica cui scaturisce il teorema di
Pitagora la ritroviamo, tra l'altro, nel “Menone” di
Platone. Il problema è quello di tracciare un quadrato
di dimensione esattamente doppia al quadrato unitario (lato = 1 e
superficie = 1 al quadrato) di partenza. Il lettore può
agevolmente prendere carta e penna e cimentarsi a lungo in tentativi.
Si giunge tuttavia alla soluzione in modo semplice ed immediato
ricordando che per gli antichi greci la figura geometrica prima
inclusa in tutte le altre è il triangolo: ossia tracciando la
diagonale che divide il quadrato di partenza in due triangoli
eguali. Se adesso si prende la diagonale del quadrato, ovvero
l'ipotenusa dei triangoli, per lato si ottiene il quadrato cercato.
La dimostrazione è immediatamente evidente essendo il nuovo quadrato
composto da quattro triangoli esattamente eguali ai due del
primo. Il
“Menone”, che tratta dell'insegnabilità della Virtù, si
ferma qui. Si può però facilmente proseguire applicando i criteri
dei pitagorici cui anche Platone faceva parte. Si è data qui
forma geometrica all' “Uno” o Principio di Unificazione ed al
“Due” o Diade, il più piccolo dei molteplici, ovvero Principio
di diversificazione o Molteplicità. Con la diagonale che divide il
primo quadrato, o ipotenusa dei primi due triangoli, si è anche
tracciato il necessario rapporto tra i due Principi. Quest'ultimo
ha la caratteristica di essere determinato geometricamente in
modo certo, come si vede nelle figure, ma di non esserlo
matematicamente: la
diagonale o ipotenusa ha infatti valore
radice di due, ovvero 1,41421356237... o costante di Pitagora.
Quello che è fondamentale notare è che, per gli antichi, si è qui
appena delineata la chiave di volta per l'intera interpretazione
del Tutto: del Mondo Ideale e di quello Reale. Si sono infatti
tracciate due direttive: quella dal “Molteplice” all' “Uno”
o Piano Ontologico, connotato dall' “Unum”, “Verum”, “Bonum”;
e
quello dall' “Uno” al “Molteplice”, o Piano Ontico connotato dalla “Sostanza” (nelle dieci Categorie) e dall' “Accidente”.
quello dall' “Uno” al “Molteplice”, o Piano Ontico connotato dalla “Sostanza” (nelle dieci Categorie) e dall' “Accidente”.
francesco
latteri scholten
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