giovedì 16 ottobre 2014

Il De Anima ed i fondamenti scientifici (ed anatomici) dell'Ente e della Metafisica Aristotelo Tomista.


Quando Filippo il macedone prima ed Alessandro magno poi mandavano in perlustrazione spie e pionieri, quasi sempre erano accompagnati dagl'assistenti del primo scienziato di corte: Aristotele. Essi avevano l'ordine di osservare ed eventualmente repertare flora, fauna e fossili e lo facevano con grande attenzione. Egualmente con grande attenzione veniva eseguito lo studio degl'embrioni. Da qui il convincimento - 2.300 anni prima di Darwin - che la vita si evolvesse dalle forme più semplici a quelle più complesse. E, così come il triangolo è la figura geometrica più semplice e perciò prima e per questo compresa nelle successive più complese, così anche per l' "Anima", inizialmente solo vegetativa, poi anche sensitiva ed infine pure razionale. Realtà condivise dalla medicina moderna e contemporanea. Ma non finisce qui, quando infatti lo stagirita comincia ad occuparsi del senso e della sensazione, della percezione, lo fa di nuovo anticipando la medicina dell'ultima settantina d'anni: perché possa esserci sensazione è necessario che il percepito (la medicina contemporanea lo chiama stimolo) superi una soglia minima e che si mantenga al di sotto di una soglia massima altrimenti si ha la distruzione dell'organo di senso, come per l'occhio con la luce troppo intensa o per l'orecchio con il suono troppo forte. E' necessario inoltre che entrambi, soggetto ed oggetto siano simultaneamente in atto: che cioé la lampada che può anche essere solo illuminante in potenza, ovvero spenta, sia illuminante in atto, ovvero accesa; e che l'occhio guardi. Analogamente per gl'altri sensi. Quando questo accade si ha un momento primo del percepire, in cui illuminante in atto e vedente in atto sono simultaneamente uniti. Soggetto ed oggetto sono pertanto ancora indistinti in esso, o in altri termini la loro distinzione è successiva. Analogamente accade quando si passa al livello superiore, ossia quello della intellezione: anche qui è necessario che intelletto ed intelligibile siano entrambi in atto ed anche qui si ha un termine assolutamente primo in cui intelligente ed intelligibile sono simultaneamente uniti e che precede la successiva distinzione di soggetto ed oggetto. Questo termine è l'Ente, realtà assolutamente prima ed indefinibile che comprende in sé tutto ciò che è e può essere. E' quanto confermato anche dalle neuroscienze contemporanee. La Scienza contemporanea dunque, lungi dall' "affossare" la "vecchia" Metafisica, ne dimostra scientificamente i fondamenti, che ancor prima che fondamenti di chi asserirà poi "Cogito ergo Sum" sono quelli di chi afferma "Cogito ergo Deus existit"...
francesco latteri scholten.

lunedì 13 ottobre 2014

A.D. 1820: l'Inferno, Hitler ed il discatenamento di Satana nelle profezie di Anna Katharina Emmerich.


Molte sono le descrizioni dell'Inferno giunte sino a noi, e certamente quella di Dante è la più pittoresca e nota. Man mano che ci si immerge nelle sue profondità e ci si avvicina all' angelo caduto il sommo poeta ne delinea con maggior chiarezza la natura: regno di discordia di caos e di odio, antipode alla "Città di Dio". "Raphèl maì amècche zabì abni" esclama alla vista di Dante e Virgilio, Nembrot il gigante della torre di Babele in lingua ormai priva di significato e barriera alla comunanza ed alla comprensione reciproca. E, giunti nella fossa grande, oscura, tenebrosa e terribile di Cocito non vi è più fuoco e fiamme bensì ghiaccio: "Per ch'io mi volsi, e vidimi davante e sotto i piedi un lago che per gelo avea di vetro e non d'acqua il sembiante..." (Inferno, XXXII, 22-24). E' una descrizione coincidente con quella del 1820 di Anna Katharina Emmerich, la Santa stimmatizzata nata a Flamske l' 8 settembre 1774: "...Ricevetti l'impressione di essere giunta in una località terribile. Discesi attraverso i sentieri di un deserto di ghiaccio, sempre più scuri e ghiacciati, avvolti in una profonda oscurità, come in una notte eterna. Il centro dell'abbisso aveva la forma di una roccia gigantesca, illuminata da una luce metallica, terribile e nera. Serviva da ingresso un portone immane e scuro, spaventoso, chiuso con catenacci e chiavistelli incandescenti che stimolavano una sensazione di orrore. Improvvisamente udii un ruggito, un urlo orrendo, il portone fu aperto ed apparve un mondo terribile e sinistro, esatto contrario della Gerusalemme celeste. Tutto portava il marchio della maledizione della sofferenza e delle pene, nella discrepanza, nella disarmonia, immerso nella rabbia e nella disperazione (...) Una realtà connotata dall'eterno dilaniante disaccordo dei dannati. Tutti gl'errori umani e le bugie erano concentrati in questo stesso luogo ed apparivano in innumerevoli rappresentazioni di sofferenze e pene: niente era giusto. Qui vidi delle colonne di un tempio tenebroso ed orribile..." Alla visione infernale la Santa allega quella della lotta tra gl'angeli buoni ed i ribelli come nell' Apocalisse: "E vi fu guerra: Michele con i suoi angeli ingaggiò battaglia con il dragone; questo combatté insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero. Fu infatti scacciato il grande dragone, il serpente antico, quello che è chiamato diavolo e satana, colui che inganna tutta la terra... (Ap. 12, 7-10)". Sia nell'Apocalisse che nelle visioni della Santa Lucifero è gettato ed incatenato nell'abbisso: "Quindi vidi discendere dal cielo un angelo con in mano la chiave dell' Abbisso e un grossa catena. Afferrò il dragone (...) e lo incatenò per mille anni. (Ap, 20, 1-2)". A questa visione Santa Anna Katharina Emmerich connette quella di due visioni profetiche: la prima è quella della data della "liberazione" di Lucifero, che è collocata "50 o 60 anni prima del duemila dopo Cristo", la seconda (del 2 settembre 1822), temporalmente coincidente con essa, è quella in cui è nitidamente tratteggiata l'immagine e l'operato di Adolf Hitler: "Giunsi in alto, in un giardino sospeso nell'aria, dove vidi librarsi tra settentrione e l'oriente, come il sole all'orizzonte, la figura di un uomo con un viso lungo e pallido. Il suo capo sembrava coperto con un berretto a punta. Era avvolto da fasce e aveva un cartello sul petto. Non ricordo però cosa c'era scritto. Portava la spada avvolta in fasce colorate e si librava sulla terra lentamente ed a intermittenza, come i piccoli voli di un piccione. Poi si liberò dalle bende. Mosse la spada qua e là e gettò le bende sulle città sonnolente che furono avvolte come da un cappio. Insieme alle bende caddero pure pustole e vaiolo sull'Italia, la Spagna e la Russia.Avvolse poi con un cappio rosso anche Berlino; il cappio si estese fin qui da noi. Poi vidi la sua spada nuda, sull'elsa pendevano bende insanguinate e da queste grondava sangue nella nostra regione".
francesco latteri scholten.