L'immagine
sarebbe, di per sé assai scenografica: i confratelli che tutti
accorrono rapidi alle grida per il dolore lancinante dell'appena
stigmatizzato. Invero alcuni dei molti film sul Santo di Pietrelcina
la riportano così. Si tratta però di un falso. La guerra e la
febbre spagnola che devastavano l'Europa nel 1918 infatti non avevano
risparmiato l'Ordine dei Frati Minori e così nel Convento di San
Giovanni Rotondo erano rimasti solo in tre: Padre Paolino, padre Pio
e Frate Nicola. Padre Paolino però su richiesta dei Frati del vicino
santuario di San Matteo, si era recato lì per dare una mano nelle
confessioni ai pellegrini che accorrevano numerosi per la festa di
San Matteo il 21. Fra Nicola invece era uscito per la questua. Nel
Convento, quel 20 settembre, erano perciò rimasti solo i piccoli
seminaristi, a quell'ora, tra le nove e le dieci mattutine, in
giardino per la ricreazione e Padre Pio in preghiera nel piccolo coro
che sovrastava la navata della Chiesa, meditando la passione di ns
Signore. Da solo, dolorante, Padre Pio era riuscito a trascinarsi in
cella. Solo alcuni giorni dopo i fedeli e Padre Paolino avevano
cominciato ad accorgersi della cosa. Il primo resoconto dettagliato,
dello stesso Padre Pio, fatto in nome della “santa obbedienza”, è
di un mese dopo, 22 ottobre 1918: “Era il mattino del 20 del mese
scorso (…) c'era un silenzio totale intorno a me ed in me (…)
vidi davanti a me un misterioso personaggio, simile a quello che
avevo visto la sera del 5 agosto, si differenziava soltanto per avere
le mani, i piedi ed il costato che sanguinavano abbondantemente. La
sua vista mi spaventò, non sarei in grado di dire ciò che provai in
quel momento. Mi sentii morire e sarei morto se il Signore non fosse
intervenuto per sostenermi il cuore che sentivo sobbalzare nel mio
petto. Il personaggio scomparve dalla mia vista e mi accorsi che le
mie mani, i piedi ed il costato sanguinavano abbondantemente.”
Anche San Francesco d'Assisi, il 14 settembre del 1224, sul monte
della Verna ricevette le stimmate mentre, assorto in preghiera,
meditava sulla passione di ns Signore, ebbe la visione di un
personaggio sovrannaturale. Una delle migliori descrizioni delle
stimmate di Padre Pio è quella fornita da uno dei suoi primi
discepoli e più strenui difensori, Emmanuele Brunatto, che ebbe
occasione di vederle di persona, e risale al 1963 (data che
contraddice la tesi “isterica” perché la durata non sarebbe
superiore ad alcune settimane...): “Esse si presentavano come
macchie di colore rosso scuro, nette, rotonde, di circa due
centimetri di diametro, nei due lati delle mani e dei piedi e una
macchia lineare dello stesso colore di circa sette centimetri di
lunghezza per
uno
di larghezza, nella parte sinistra del torace. Non appare alcun
indizio di ferite esterne prodotte da un agente qualsiasi, naturale o
soprannaturale.” Le stimmate, per loro natura, sono necessariamente
il terreno d'elezione per lo scontro tra “Fides et Ratio”, fede e
ragione e lo scontro inizia tacito con la prima visita medica
generale richiesta anche per ordine dei superiori ed effettuata dal
Dott. Angelo Maria Merla, razionalista, a quei tempi ancora ateo, e
Sindaco di San Giovanni Rotondo, oltre che medico del convento. Il
responso: “I segni possono difficilmente essere classificati come
lesioni tubercolari, e, sebbene non sia in grado di dirne con
precisione la natura non avendo potuto procedere ad un esame
completo, non escludo, a titolo di ipotesi, che questi segni abbiano
potuto essere artificialmente provocati.” Cominciano così a
delinearsi i tre fronti: quello fideista puro, quello razionalista
puro, quello dell'incontro tra fede e ragione che sarà delineato
bene, ma decenni dopo, nella “Fides et Ratio” di Giovanni Paolo
II, che da giovane sacerdote, pellegrino a San Giovanni Rotondo (in
una pausa accademica tra il 29 marzo ed il 4 aprile 1948), Padre Pio
aveva incontrato e di cui aveva previsto l'ascesa al soglio
pontificio. Perintanto altri medici avranno l'onore e l'onere di
esaminare le stimmate. Infatti, prima i superiori dell'Ordine, poi il
Sant'Uffizio, vorranno “vederci chiaro” e, ciò che forse è
grave, lo vorranno soprattutto non in senso di Fede bensì di
scienza. Del resto è quanto era già accaduto di recente a
Bernadette di Lourdes per le Visioni: fu portata alla “cattedrale”
della scienza neuropsichiatrica, La Salpetriére, al cospetto dello
staff del Padre fondatore della moderna neuropsichiatria, futuro
Maestro anche di Freud, Jean Martin Charcot. Atei e razionalisti,
Charcot ed i suoi erano però dei grandi scienziati e, soprattutto
dei professionisti seri. Alla vista di Bernadette si scambiarono un
sorriso, poi invitarono quelli che l'avevano condotta a seguirli a
vedere soggetti veramente affetti da turbe religiosopsichiatriche e
quindi li mandarono via. Padre Pio purtroppo non
avrà la fortuna di
trovarsi sempre al cospetto di uomini dallo spessore scientifico,
professionale e personale di Jean Martin Charcot e dei suoi
collaboratori. La prima visita specialistica fu quella del dott.
Luigi Romanelli che visitò Padre Pio cinque volte, la prima il 19
maggio 1919, l'ultima il 15 luglio 1920. Romanelli arrivò a San
Giovanni Rotondo in compagnia e su richiesta del Provinciale
dell'Ordine e, nulla sapendo del fenomeno della fragranza mistica,
altra Grazia di Padre Pio, ne rimase negativamente impressionato: “da
quando i religiosi Cappuccini hanno ceduto a questi usi mondani di
profumi?” Il fatto grave è che neppure il Padre Provinciale
sapesse nulla del fenomeno della fragranza mistica e così non fu in
grado di rispondere. Nonostante ciò Romanelli si dimostrò
professionista serio ed accurato, stilando ogni volta un resoconto
dettagliato della propria visita. Importante l'ultimo, 7 novembre
1920, dal quale è possibile anche evincere un decorso evolutivo
delle stimmate: “Quando ho visitato per la prima volta Padre Pio,
la ferita del torace non aveva ancora la forma di una croce: si
trattava piuttosto di un taglio netto, parallelo ai fianchi lungo
sette – otto centimetri con escissione delle parti molli (…)
sanguinava abbondantemente ed il sangue aveva le caratteristiche del
sangue arterioso e i bordi della piaga indicavano chiaramente che non
era superficiale (…) Le lesioni delle mani, anche se adesso sono
ricoperte da una crosta ed in vari punti risultano sanguinolente,
quando le ho viste nel giugno del 1919 e nel luglio dello stesso
anno, erano ricoperte da una membrana tumescente di colore rosso
scuro. Allo stato attuale non ci sono punti sanguinanti, edemi o
reazioni infiammatorie nei tessuti circostanti. Ho la convinzione,
anzi la certezza che queste ferite non sono superficiali perché,
esercitando una certa pressione con le dita e stringendo la palma
della mano, da entrambi i lati della lesione, ho avuto la precisa
percazione del vuoto che esisteva tra le mie dita (…) Le lesioni
dei piedi presentavano la stessa caratteristica di quelle delle mani,
ma non mi riuscì di fare una prova identica a causa del loro
spessore.” La conclusione di Romanelli non è priva di una traccia
di umiltà: “Le ferite di Padre Pio non possono essere
classificate, per le loro caratteristiche ed il loro decorso clinico,
fra le lesioni chirurgiche comuni, ed esse hanno certamente un'altra
origine e causa che io non conosco.” Dopo le prime due visite di
Romanelli, nel luglio 1919, arrivò per commissione del procuratore
generale dell'Ordine, Padre Giuseppe Antonio da Persiceto (su
richiesta del Sant'Uffizio), quella del dott. Amico Bignami patologo
dell'Università di Roma. Bignami, per il
suo
agire, il suo rapporto e le sue conclusioni può essere annoverato
tra i modernisti razionalisti e scientisti puri, a qualunque costo, e
le cui tesi finiscono con l'essere del tutto ideologiche ed in
contraddizione con la scienza che vorrebbero “celebrare”.
Bignami, cui Padre Pio era sembrato persona psichicamente sana,
proibì a Padre Pio l'utilizzo della tintura di iodio per la
disinfezione sostenendo l' “inutilità” della cosa, applicò un
balsamo cicatrizzante alle piaghe e le sigillò facendo giurare a
tutti i presenti che nessuno le avrebbe aperte prima di quindici
giorni. All'apertura delle bende, quindici giorni dopo nulla però
era cambiato. Il rapporto finale redatto dallo stesso Bignami il 26
luglio 1919, ciò nonostante, fu del tutto contraddittorio rispetto
alle sue stesse osservazioni. Vi si legge tra l'altro che “Le
lesioni descritte sono iniziate come fenomeni patologici (necrosi
nervose multiple della pelle) e sono state forse inconsciamente e per
un fenomeno di suggestione completate nella loro simmetria e poi
mantenute artificialmente con un mezzo clinico, come per esempio la
tintura di iodio.” Quanto all'origine delle stimmate il rapporto
formulava ben tre possibilità (tutte rigorosamente scientiste): a)
sono state prodotte artificialmente e volontariamente; b) sono la
manifestazione di uno stato morboso; c) sono in parte il prodotto di
uno stato morboso ed in parte artificiali. Il primo a notare
l'incoerenza madornale e l'incongruità del rapporto di Bignami fu
proprio Romanelli il quale puntava l'indice sulla psichicità di
Padre Pio descritta come sana dallo stesso Bignami nonché proprio
sul trattamento prescritto dallo stesso per le stimmate: “Il prof.
Bignami descrive Padre Pio come soggetto normale con sistema nervoso
normale, che non presenta alcun disturbo psicopatico o neuropatico,
ma allo stesso tempo, classifica le lesioni come necro-nevrotiche e
parla di autosuggestione. Si possono avere lesioni di origine nervosa
in una persona non affetta da nessuna patologia nervosa?” E, per le
stimmate: “come mai non sono guarite dopo il sapiente trattamento
prescritto dal professore ed eseguito scrupolosamente?”. Nel luglio
stesso del 1929 il rapporto di Bignami fu portato a conoscenza del
dott. Giorgio Festa, chirurgo presso la casa generalizia dei
Cappuccini a Roma, insieme alla richiesta di una
visita. Giorgio
Festa esitò a lungo, infine partì da Roma l'8 ottobre per San
Giovanni Rotondo. L'incontro con Padre Pio è la sera stessa del suo
arrivo al convento, il giorno 9. La visita accurata e minuziosa il
giorno successivo. Festa rimase poi per tre giorni al convento per
studiare psicologicamente Padre Pio. Una seconda visita ed un secondo
esame accurato delle stimmate avvengono il 15 e 16 luglio 1920 con
Romanelli. Sempre Giorgio Festa avrà occasione di una nuova disamina
delle stimmate nel 1925 (quando le autorità religiose ormai avevano
vietato a chiunque la disamina) in occasione di un intervento
chirurgico sul Padre. Quello del dott. Festa è lo studio ed il
resoconto più accurato sulle stimmate di Padre Pio e sarà
pubblicato nel 1933 con il titolo “Tra i misteri della scienza e le
luci della fede, ovvero le stimmate di Padre Pio da Pietrelcina”.
Lo studio conferma sostanzialmente le tesi di Romanelli, ma è molto
attento alle peculiarità psichiche di Padre Pio, tali da escludere
qualsiasi isterismo (cosa cui del resto a nessuno di quelli che lo
hanno conosciuto è mai venuta in mente), alla persistenza delle
piaghe ed alla loro mancata guarigione, alla loro immutabilità.
Dunque scientificamente inspiegabili. Possono però trovare una
spiegazione nella fede.
Francesco
latteri scholten.
P.S.
Ho volutamente taciuto la miseranda vicenda di Padre Agostino Gemelli
in quanto il “luminare” in realtà non ebbe modo di visionare le
stimmate, che contravvenendo l'ordine dei superiori aveva chesto di
vedere e di cui contravvenendo ad ogni criterio di scientificità
diede responsi “scientifici”