Il
processo a ns. Signore Gesù Cristo, potrebbe a ben vedere essere la
più classica delle metafore del processo che il potere di ogni tempo
e luogo istituisce nei confronti dell’uomo, del cittadino, anche
qui di ogni tempo e luogo. Si tratta della vicenda per antonomasia
del cittadino a cospetto del potere. Esso potrebbe benissimo aprirsi
con le celebri parole della forma romanzata di tale vicenda, “Il
processo”
di
Kafka:
“Qualcuno
doveva aver diffamato Josef K. perché, senza che avesse fatto nulla
di male, una mattina venne arrestato.”
La vicenda ha anche un antecedente storico e due letterari famosi: il
processo a Socrate
e l’ “Apologia
di Socrate”
ed
il “Fedone”
di
Platone.
L’apertura dell’Apologia è illuminante: “Quello
che è avvenuto a voi,
Ateniesi, in udire i miei accusatori, non so;
ma io, per cagion loro, poco meno mi dimenticai di me stesso, così
parlarono persuasivamente: benché, se ho a dire, essi non han detto
nulla di vero. Ma delle
molte loro menzogne ne ammirai massimamente una, questa: dissero che
a voi bene conveniva guardarvi non foste tratti da me in inganno,
perciò che sono terribile dicitore,
questa mi parve la lor maggiore impudenza: salvo che non chiamino
terribile dicitore uno che dice il vero; ché se intendono così, ben
consentirei che sono oratore io: ma non a lor modo.”
Platone
centra subito il nucleo del problema, quello del
rapporto
tra verità e giustizia:
il giusto, finisce sempre – suo malgrado – per smascherare la
natura menzognera e mendace del potere, cioè finisce per mostrarne
l’illiceità. E’ quanto accade anzitutto sul piano
veritativo primo,
quello religioso, dove una religiosità autentica finisce
ineluttabilmente per smascherare quella in autentica come il più
brutale e perfido instrumentum regni. Il dire
e l’agire di Caifa sono a riguardo esemplari, scrive Dante: Quel
confitto che tu miri, consigliò i Farisei che convenìa porre un uom
per lo popolo a’ martìri.
La
menzogna sul piano veritativo primo crea infatti una falsa e mendace
visione e concezione sia del mondo
che dell’uomo e perciò della
società.
Così la menzogna si
trasferisce sul piano socio politico,
come ci mostra l’evangelista Giovanni: “Io
sono nato per questo e per questo sono venuto al mondo: per rendere
testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia
voce. Gli dice Pilato: Che cos’è la verità?.”
Trasposta su questo piano la
menzogna consiste nel mostrare come vera una falsa verità
antropologica e come volontà autentica del cittadino quella che è
la volontà del Potere:
“Ma
essi insistevano a gran voce, chiedendo che fosse crocifisso. E le
loro grida si facevano sempre più forti. Pilato allora decretò che
fosse eseguita la loro richiesta. Rilasciò
quello che era stato messo in prigione per sommossa e omicidio, e che
quelli richiedevano, ma consegnò Gesù
alla loro volontà.”
Nessun
Diritto può lecitamente condannare
un innocente e tanto meno
condannarlo a morte.
Né può farlo legittimamente alcun potere. E’ per questo che
questo
illecito gravissimo deve essere fatto commettere dalla massa e fatto
apparire come commesso dalla massa, affinché il Potere possa
mostrarlo come commesso da altri, e con questo mostrare la sua
presunta innocenza
a questa. Così, al
sommo della propria nefandezza il Potere può mostrarsi al sommo
della Giustizia:
“Ma
questa è l’ora vostra e la potenza delle tenebre.” Kafka
ci mostra come nelle
società moderne
il Potere e con esso la menzogna siano ulteriormente accresciute e
radicalizzate: In esse, non
c’è ormai più neppure un tribunale ed un giudizio farsa, è il
cittadino stesso che, nella misura in cui
non mente complice, ad
essere fatto apparire come autore dell’illecito del Potere, e di
più, a giudicarsi e condannarsi:
La
logica è certo incrollabile, ma non resiste ad un uomo che vuole
vivere. Dov’era il giudice che non aveva mai visto? Dov’era
l’alto tribunale al quale non era mai arrivato? Alzò le mani
allargando tutte le dita. Ma alla gola di K. si strinsero le mani di
uno degli individui, mentre l’altro gli infilava il coltello nel
cuore rigirandolo poi due volte. Con gli occhi che si spegnevano K.
vide ancora come gli uomini, vicino al suo viso, poggiati guancia a
guancia, osservavano la conclusione. Come un cane!, disse, era come
se la vergogna gli dovesse sopravvivere.
francesco
latteri scholten.