venerdì 10 aprile 2020

Il processo a ns Signore Gesù Cristo come metafora della menzogna del potere.


Il processo a ns. Signore Gesù Cristo, potrebbe a ben vedere essere la più classica delle metafore del processo che il potere di ogni tempo e luogo istituisce nei confronti dell’uomo, del cittadino, anche qui di ogni tempo e luogo. Si tratta della vicenda per antonomasia del cittadino a cospetto del potere. Esso potrebbe benissimo aprirsi con le celebri parole della forma romanzata di tale vicenda, “Il processodi Kafka: “Qualcuno doveva aver diffamato Josef K. perché, senza che avesse fatto nulla di male, una mattina venne arrestato.” La vicenda ha anche un antecedente storico e due letterari famosi: il processo a Socrate e l’ “Apologia di Socrateed il “Fedonedi Platone. L’apertura dell’Apologia è illuminante: “Quello che è avvenuto a voi, 


Ateniesi, in udire i miei accusatori, non so; ma io, per cagion loro, poco meno mi dimenticai di me stesso, così parlarono persuasivamente: benché, se ho a dire, essi non han detto nulla di vero. Ma delle molte loro menzogne ne ammirai massimamente una, questa: dissero che a voi bene conveniva guardarvi non foste tratti da me in inganno, perciò che sono terribile dicitore, questa mi parve la lor maggiore impudenza: salvo che non chiamino terribile dicitore uno che dice il vero; ché se intendono così, ben consentirei che sono oratore io: ma non a lor modo.” Platone centra subito il nucleo del problema, quello del 


rapporto tra verità e giustizia: il giusto, finisce sempre – suo malgrado – per smascherare la natura menzognera e mendace del potere, cioè finisce per mostrarne l’illiceità. E’ quanto accade anzitutto sul piano veritativo primo, quello religioso, dove una religiosità autentica finisce ineluttabilmente per smascherare quella in autentica come il più brutale e perfido instrumentum regni. Il dire e l’agire di Caifa sono a riguardo esemplari, scrive Dante: Quel confitto che tu miri, consigliò i Farisei che convenìa porre un uom per lo popolo a’ martìri. La menzogna sul piano veritativo primo crea infatti una falsa e mendace visione e concezione sia del mondo 


che dell’uomo e perciò della società. Così la menzogna si trasferisce sul piano socio politico, come ci mostra l’evangelista Giovanni: “Io sono nato per questo e per questo sono venuto al mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce. Gli dice Pilato: Che cos’è la verità?.” Trasposta su questo piano la menzogna consiste nel mostrare come vera una falsa verità antropologica e come volontà autentica del cittadino quella che è la volontà del Potere: “Ma essi insistevano a gran voce, chiedendo che fosse crocifisso. E le loro grida si facevano sempre più forti. Pilato allora decretò che fosse eseguita la loro richiesta. Rilasciò quello che era stato messo in prigione per sommossa e omicidio, e che quelli richiedevano, ma consegnò Gesù alla loro volontà.” Nessun Diritto può lecitamente condannare 


un innocente e tanto meno condannarlo a morte. Né può farlo legittimamente alcun potere. E’ per questo che questo illecito gravissimo deve essere fatto commettere dalla massa e fatto apparire come commesso dalla massa, affinché il Potere possa mostrarlo come commesso da altri, e con questo mostrare la sua presunta innocenza a questa. Così, al sommo della propria nefandezza il Potere può mostrarsi al sommo della Giustizia: “Ma questa è l’ora vostra e la potenza delle tenebre.” Kafka ci mostra come nelle società moderne il Potere e con esso la menzogna siano ulteriormente accresciute e radicalizzate: In esse, non c’è ormai più neppure un tribunale ed un giudizio farsa, è il cittadino stesso che, nella misura in cui 


non mente complice, ad essere fatto apparire come autore dell’illecito del Potere, e di più, a giudicarsi e condannarsi: La logica è certo incrollabile, ma non resiste ad un uomo che vuole vivere. Dov’era il giudice che non aveva mai visto? Dov’era l’alto tribunale al quale non era mai arrivato? Alzò le mani allargando tutte le dita. Ma alla gola di K. si strinsero le mani di uno degli individui, mentre l’altro gli infilava il coltello nel cuore rigirandolo poi due volte. Con gli occhi che si spegnevano K. vide ancora come gli uomini, vicino al suo viso, poggiati guancia a guancia, osservavano la conclusione. Come un cane!, disse, era come se la vergogna gli dovesse sopravvivere.
francesco latteri scholten.

giovedì 2 aprile 2020

“La preghiera di un’umanità piegata dal dolore della morte e spaventata dal futuro”



Di Nicoletta Latteri

Le accuse a Papa Francesco sono state molte, ma l’altra sera sotto la pioggia in Piazza S.Pietro c’era un uomo che a nome di tutti andava incontro a Dio, al suo e al nostro Dio, e che ha trovato le parole per parlare al mondo e farsi suo portavoce davanti a Dio. A fare da ponte tra noi e Lui. Un Pontefice che faticava a camminare, ma ha alzato più volte il Santissimo al cielo pur avendo difficoltà a reggerlo, diventando immagine di un’umanità attonita che voleva farsi Dio ma 

torna da Lui in ginocchio perché sola e spaventata, disperata senza l’amore più grande, senza più nemmeno sapere cos’è un grande amore. Mai come l’altra sera il Corpus Domini è stato il sole di quella piazza su cui erano già calate le tenebre, è stato ciò che il mondo moderno con le sue infinite ideologie ha cercato di cancellare, ha illuminato la sera, mostrando al mondo ciò che non voleva vedere: la potenza di Dio, la forza del legame con l’uomo che si materializza in una piazza 

vuota, che ha il suono di una leggera brezza ma racchiude in sé l’universo intero. Davanti al Pontefice si stendeva la Città Santa, immagine di mille altre città, resa silenziosa dalla pandemia e fatta bella da secoli di preghiere tramutate in pietra dalla fede dei credenti e che ancora una volta ha fatto della sua bellezza lo strumento per amplificare la preghiera di un’umanità piegata dal dolore della morte e spaventata dal futuro, facendone la roccia dalla quale l’uomo insieme a Dio 

affronta la tempesta. Così, nel momento più difficile, nonostante tutte le differenze e polemiche, gli uomini hanno ritrovato la strada per la preghiera e per Dio, hanno ritrovato la strada che li riporta al Padre che li sosterrà quando cadranno e qualsiasi cosa accada, gli darà la forza di rialzarsi contro ogni previsione o logica umana. Dopo tanto razionalismo e “nuovo umanesimo” l’unica verità è che per potere accedere a Dio bisogna farsi uomini e rinunciare a ogni altra cosa, perché come vediamo in questi giorni la vanità del mondo non ha senso.
"Signore resta con noi perché si fa sera". Lc 24, 13-35


P.S. pubblicato previa autorizzazione dell'autrice, il link originario è :

https://www.sabinopaciolla.com/la-preghiera-di-unumanita-piegata-dal-dolore-della-morte-e-spaventata-dal-futuro/


Scritto da: Nicoletta Latteri




Nicoletta Latteri nasce nel 1964 a Wesel (Germania, Nordreno Vestfalia), si laurea nel 1990 alla Facoltà di Filosofia della Friedrich Willhelm Universität di Bonn in Archeologia Paleocristiana, Classica e Medievale. Pubblica all’estero e con riviste scientifiche quali i Mélanges de l’École Française de Rome. Collabora come traduttore di testi filosofici, giuridici e scientifici con la Pontificia Accademia per la Vita ed in particolare col compianto card. Elio Sgreccia. È stata Presidente della Commissione Cultura, Intercultura e Uguaglianza dell’ VIII Municipio di Roma. Oggi e attiva nella difesa del patrimonio storico artistico e nella promozione della cultura e della creatività italiana, in quest’ambito rientra anche la scrittura del suo romanzo fantasy Malus Sfida alla Notte, che usa l’ambientazione fantastica quale metafora dei conflitti odierni e dei pericoli a cui va incontro l’umanità.