martedì 25 febbraio 2014

La demonologia in San Tommaso d'Aquino.



San Tommaso si occupa diffusamente - ed entrando anche abbastanza nei dettagli - di demonologia nell'ultima delle "Questiones Disputate De Malo", scritte intorno al 1270, secondo le datazioni più autorevoli, ed ispirate anche alla riflessione sul libro di Giobbe, autore laico - al pari di Qohelet -, che attrasse in modo determinante la riflessione del nostro, tanto da originare un testo famoso, il "Commento al libro di Giobbe", pubblicato postumo nel 1280. "I demoni", Questio 16°, appartengono dunque alla riflessione filosofica più pregnante di Tommaso. La tematica è affrontata in complessivamente 12 articoli. Nel testo tommasiano non è ovviamente possibile rintracciare la problematica dell'esistenza o meno dei demoni, che tanto caratterizza spesso le dispute contemporanee sull'argomento, in quanto per lui si tratta di una verità di fede enunciata chiaramente nella Bibbia, tanto nell'antico quanto nel nuovo Testamento, dove essa è ribadita da ns Signore in persona. Il fatto perciò rimanda alle celebri "cinque Vie" (siamo nella Summa Thologiae) in cui invece ci si interroga sull'esistenza di Dio, e lo si fa in modo sorprendentemente attuale, motivo per cui molti illustri teologi e Papi moderni - da Leone XIII all'attuale Pontefice si rifanno alle argomentazioni dell'aquinate. L'ateo moderno, al pari dell' "insipiens" per San Tommaso, infatti non accetta l'evidenza "per sé" dell'esistenza di di Dio, come invece sostenuta da Anselmo. Ed essa infatti, per il nostro non è evidente "per sé", ma va dimostrata razionalmente, questa ssostanzialmente anche la tesi della teologia contemporanea. Per l'aquinate l'indagine razionale attraverso le cinque vie ci riporta a Dio primo movente, prima causa efficiente, essere necessario per sé, essere perfettissimo, ordinatore dell'Universo. L'esistenza delle nature angeliche se invece è accettata per fede, riceve tuttavia da San Tommaso una connotazione sua propria che lo distingue da altre dell'epoca, ad esempio quella di San Bonaventura. Per il teologo francescano, infatti tutte le realtà create si compongono di materia e forma, per il nostro al contrario, agl'angeli compete la più alta perfezione compatibile con lo stato di creatura e più vicino a quella perfettissima di Dio, e se in quest'ultimo vi è la coincidenza di Essere ed Esistenza, gl'angeli, le più perfette delle creature si caratterizzano per la distinzione di Essere ed Esistenza, sono tuttavia scevri di qualsiasi materia, e pertanto privi anche del principio di individuazione. Ognuno di loro è cioé più "specie" che individuo, o meglio, costituisce un grado irriducibile della gerarchia della creazione. Il primo articolo della 16a Questio, si ripropone di fatto la stessa problematica in riferimento alla natura demoniaca e, premesso che invero il fatto della corporeità o meno dei demoni sia poco rilevante per la dottrina cristiana, ribadisce tuttavia l'incorporeità della natura angelica. Il secondo articolo invece è del tutto conforme alla teologia classica, ribadendo che i demoni non sono cattivi per natura bensì per volontà, del resto una posizione diversa porterebbe implicitamente a doversi confrontare con la tesi eretica ed incoerente di un Dio Buono creatore di creature malvage. Molto originale e in contrasto alle tesi teologiche usuali - quelle che ancor oggi ci chiariscono che il peccato primo del demone fu un atto di superbia, l'essersi voluto fare come Dio, la tentazione prima del Serpente all'uomo, "eritis sicut Deum..." - è invece l'articolo 3, in cui ci si interroga "... utrum diabolus peccando appetierit aequalitatem divinam.", ovvero appunto se il diavolo abbia peccato per diventare come Dio. Ebbene San Tommaso, ricordo ancora lo stupore ed il disorientamento quando per la prima volta e ormai già studente universitario lo lessi, rigetta del tutto questa tesi. La posizione dell'aquinate è qui assai significativa in quanto porta direttamente ad una immagine e ad una concezione del tutto diversa della realtà e dell'agire demoniaci. Il nostro rigetta la tesi citata per due motivi: 1) il demone ha la piena coscienza di non avere - a differenza di Dio - l'essere per sé, ma solo per partecipazione e dunque è perfettamente cosciente dell'impossibilità di essere Dio; 2) se anche fosse stato possibile, il fatto stesso implicherebbe il diventare un "altro" e dunque non essere più sé stesso. Inoltre, ed ancora in aperto contrasto delle tesi teologiche usuali che ribadiscono il celebre motto luciferino "non serviam", Tommaso afferma invece che il demone non desiderò neppure il non essere sottomesso ontologicamente a Dio la qual cosa comporterebbe l'immediata soppressione della sua stessa natura. Ma allora, quale è stato il peccato del diavolo, viene qui da chiedersi per chi proviene dall'assuefazione alle tesi teologiche ordinarie. Ebbene la risposta di San Tommaso è la più illuminante di quella di tutti i Filosofi (e Teologi) di cui personalmente sia a conoscenza: "Dunque il primo peccato del diavolo consistette nel fatto che, per conseguire la beatitudine soprannaturale, consistente nella piena visione di Dio, non s'innalzò verso Dio, insieme con gl'angeli santi, come uno che desidera la perfezione finale per la grazia di lui, ma volle conseguirla con la potenza della propria natura; tuttavia non senza Dio, che opera nella natura, ma senza Dio che conferisce la Grazia." (De Malo Q.16, a3 r). Orbene, giungere alla Beatitudine finale in forza solo della propria natura, è proprio solo di Dio stesso ed è in questo senso che il diavolo "ha voluto farsi Dio". E perciò "...il diavolo non peccò desiderando un determinato male, ma desiderando un determinato bene, cioé la Beatitudine finale, non secondo l'ordine dovuto, cioé da conseguire mediante la Grazia di Dio." (ivi). Con l'articolo successivo si torna all'ordinarietà: il diavolo non ha peccato nel primo istante della propria esistenza perché in esso ha conosciuto solo ciò che era proprio alla sua natura angelica; solo poi ha potuto decidere se volgersi al bene o al male. Siamo al dejà vu anche con l'articolo 5 che sostiene la tesi che non essendo la conoscenza dell'angelo mediata dai sensi al pari della nostra, bensì immediata, la scelta sia definitiva, dunque il diavolo, a differenza dell'uomo, non può convertirsi. L'articolo 6 - Se, dopo il peccato, l'intelletto del diavolo sia talmente ottenebrato che in esso possa esserci l'errore e l'inganno - applica al problema quanto premesso nell'articolo 3: dopo il peccato la conoscenza "naturale" del diavolo rimase intatta e dunque egli ben conosce naturaliter, venne però meno la Grazia e con essa la conoscenza delle realtà divine, per cui in relazione a queste giudica e vuole erratamente. A partire dall'articolo 7 vengono affrontate invece le tematiche da sempre assai care ai mistici per quanto concerne gl'angeli buoni, e per quelli cattivi ad esoteristi, maghi, fattucchieri, cultori dell'occulto, ma anche demonologhi: "Se i demoni conoscano il futuro". San Tommaso risponde negando con decisione in quanto, a differenza di Dio per il quale passato, presente e futuro sono contemplati insieme, gl'angeli si ritrovano, al pari degl'uomini, nel mondo e dunque nel suo divenire e non possono avere prescienza del futuro. E' possibile però da un'azione e dal contesto in cui viene a collocarsi, gl'esiti di essa e qui la capacità dell'angelo è assai superiore a quella degl'uomini, sia per la loro conoscenza immediata, sia per la loro esperienza infinitamente superiore. "Se i demoni conoscano i pensieri dei nostri cuori", art. 8, la risposta è ovviamente di nuovo negativa, possono però - al pari degl'uomini - dedurli dai nostri segni e dai nostri comportamenti. Negativa anche la risposta all'articolo 9, se i demoni possano cambiare forma alle cose. A partire dall'articolo 10 sono invece affrontate tematiche solitamente proprie all'occultismo superiore ma con le quali hanno dovuto confrontarsi anche grandi santi e mistici da Sant'Ignazio di Loyola a Padre Pio i quali ne hanno lasciato anche dettagliate testimonianze. In particolare lo stesso articolo 10 si interroga "Se i demoni possano muovere localmente i corpi", e, in questo caso invece la risposta è affermativa: "... le sostanze spirituali inferiori, quali sono i demoni, possono muovere localmente i corpi inferiori..." e ciò per tre ragioni: 1) per potere derivante dalla loro condizione naturale; 2) in ragione della proporzione della loro natura; 3) per la pena del loro peccato per cui sono stati cacciati dai cieli. La problematica dell'articolo 11 è invece quella "Se i demoni possano modificare la parte conoscitiva dell'anima quanto al suo potere sensitivo interiore o esteriore". Qui San Tommaso nota che "... i demoni possono modificare localmente i corpi per virtù propria. Ora tramite la modificazione locale degli spiriti e degli umori accade che, anche secondo l'operazione della natura, siano viste alcune cose o per mezzo dell'immaginazione o per mezzo dei sensi. Infatti il Filosofo nell'individuare la causa dell'apparizione dei sogni, nel libro Del sonno e della veglia, dice che, quando un animale si è addormentato, mentre fluisce molto sangue verso il principio sensitivo, vi affluiscono allo stesso tempo anche i movimenti o le impressioni lasciate dai movimenti degli oggetti sensibili, che sono conservati negli spiriti sensitivi, e muovono il principio della conoscenza, di modo che appaiano alcune cose come se in quel momento il principio sensitivo fosse modificato da queste cose esteriori."  Va qui notato per inciso che le osservazioni di Aristotele cui si rifà Tommaso, al pari di molte altre dello stagirita, sono del tutto confermate da Freud e anche dalla medicina contemporanea. L'aquinate conclude: "E in questo modo i demoni possono modificare l'immaginazione e il senso, non solo di coloro che dormono ma anche di coloro che stanno svegli". L'ultimo articolo viene a confrontarci con una tematica della quale pure abbiamo resoconti importanti e dettagliati ad es. nell'autobiografia di Sant'Ignazio, "Il racconto di un pellegrino", come pure in Padre Pio: "Se i demoni possano modificare l'intelletto dell'uomo". San Tommaso, in particolare afferma che l'intelletto umano può certamente essere rafforzato nella sua conoscenza da quello angelico che gli è superiore: "... l'angelo buono o quello cattivo possono modificare l'intelletto dell'uomo perché conosca qualcosa (...) esibendo esternamente alcuni segni dai quali l'uomo è sollecitato ad apprendere qualcosa, ciò che fanno anche gl'uomini. Ma inoltre gl'angeli buoni o cattivi possono anche disporre o ordinare internamente le rappresentazioni dell'immaginazione, secondo com'è opportuno perché si apprenda qualcosa d'intelligibile. E gl'angeli buoni ordinano ciò al bene dell'uomo, i cattivi al male."

francesco latteri scholten