Tommaso: Questiones Disputatae: De Potentia.

Questio I: De potentia Dei.

Struttura I quaestio:
Art. 1 Utrum in Deo sit potentia
Art. 2 Utrum potentia Dei sit infinita
Art. 3 Utrum sunt naturae impossibilia, Deo sint possibilia
Art. 4 Utrum iudicandum sit aliquid possibile vel impossibile secundum causas inferiores vel superiores.
Art. 5 Utrum Deus possit facere quae non facit et dimittere quae facit.
Art. 6 Utrum Deus 
Art. 7 Utrum Deus dicatur omnipotens.

Sintesi art. 1:
La potenza è detta dell'atto.
L'atto è duplice:  
1) secondo la forma,
2) secondo l'operazione.
Similmente è duplice la potenza:
1) potenza attiva che rimanda all'operazione,
2) potenza passiva che rimanda alla forma.

Dio è atto puro, gli conviene dunque massimamente agire e perciò gli conviene massimamente la potenza attiva: infatti la potenza attiva è detta secondo ciò che è principio di azione.

Testo del responsio:
Per chiarire questa questione occorre sapere che la potenza si dice in rapporto all'atto. Ora l'atto è duplice: ossia primo, che è la forma; e secondo che è l'operazione.
Ora pare che, secondo il comune modo di intendere degli uomini, il nome di atto sia stato dapprima usato per l'operazione; e questo è infatti ciò che normalmente si intende per atto; successivamente è stato trasferito alla forma, in quanto la forma è principio e fine dell'operazione.
Pertanto, analogamente, duplice è la potenza: una attiva, in corrispondenza con l'atto, e consiste nell'operazione; e pare che questo sia stato il primosignificato del nome potenza;  l'altra è la potenza passiva, in corrispondenza con l'atto primo, che è la forma, a cui pare sia stato dato secondariamente il nome di potenza.
Ora, come nulla patisce se non in forza della potenza passiva, così nulla agisce se non in forza di un atto primo che è la forma.
Ora è stato detto che questo primo atto è detto così dall'azione.
Ma Dio è atto puro e primo, per cui a Lui spetta massimamente l'agire e diffondere la sua immagine in altre cose.
Pertanto a Lui spetta massimamente la potenza attiva; infatti la potenza viene detta attiva in quanto è principio di azione. 
Occorre però tener anche presente che il nostro intelletto si sforza di esprimere Dio come qualcosa di perfettissimo.
E poichè non è possibile giungere ad esso se non mediante la somiglianza dei suoi effetti; nè si trova nella creatura alcunchè di sommamente perfetto che sia esente da ogni imperfezione; perciò dalle varie perfezioni presenti nelle creature, benchè in ognuna di esse manchi qualche perfezione, ci sforziamo di designarlo in tal modo però che da Dio sia rimosso completamente tutto ciò che di imperfetto si aggiunge a tali perfezioni.
Per esempio essere significa qualcosa di completo e di semplice, ma non di sussistente; mentre sostanza significa qualcosa di sussistente, ma soggetto a qualche cosa.
Pertanto poniamo in Dio sia la sostanza che l'essere, ma la sostanza in ragione della sussistenza e non in ragione dell'essere soggetto; invece l'essere in ragione della semplicità e completezza e non in ragione dell'inerenza per cui inerisce a qualche cosa.
Similmente attribuiamo a Dio l'operazione perchè è l'ultima perfezione ma non a causa del passaggio dell'operazione in qualche cosa d'altro.
Pertanto gli attribuiamo la potenza in ragione di ciò che permane ed è principio del potere, e non in ragione di ciò che viene reso completo mediante l'operazione.

Sono qui importanti le osservazioni della Enciclopedia Cattolica:

Tommaso ha dato un nuovo concetto di atto e di potenza:

Atto = perfezione = affermazione dell'essere;
Potenza = capacità di ricevere la perfezione = negazione come privazione

La potenza non si dice solo in un modo cioè come materia prima, ma in tanti modi quanti sono le forme di essere "soggetto" dell'atto, e tutto ciò che prende e condiziona l'atto è potenza.
Potenza non è solo la materia prima, ma anche ad es. il corpo umano pur così complesso: "Esse subjectum non consequitur solum materiam quae est pars sustantiae sed universaliter consequitur omnem potentiam".
La materia prima,  ch'è potenza pura, è soltanto soggetto e non ha perciò alcun atto, e tutta la sua attualità viene dalla forma così che neppure Dio può far esistere la materia senza la forma.
Da qui deriva la tesi dell'unità della forma sostanziale.
(...)
Il "primo momento" della metafisica tomista è il concetto aristotelico di atto nel senso di "perfezione" in sè e per sè, quindi come affermazione e positività ontologica: l'atto è allora per sua natura "prima" della potenza, sia che l'atto sia inteso come l'attività operante (energeia - ergon) sia che indichi la forma ch'è l'atto primo quiesciente (entelekeia) da cui si origina ed a cui ritorna l'operazione.
A questo modo, benchè si debba dire che le essenze corporali sono composte di due principi, la materia e la forma che sono le "parti dell'essenza" tuttavia l'essenza nel suo aspetto metafisico gravita sulla forma ch'è l'atto.

E' qui fondamentale aver presente la definizione di "essere" di Tommaso ed il riferimento più idoneo è forse quello dato - sempre nel De potentia - nella quaestio 7, art 2 ad 9:
... ciò che chiamo "essere" tra tutte le cose è la più perfetta. Ciò risulta dal fatto che l'atto è sempre più perfetto della potenza. Ora qualsiasi forma particolare si trova in atto soltanto se le si aggiunge l'essere. Infatti l'umanità o il calore possono considerarsi come esistenti o nella potenza della materia o nella capacità dell'agente, oppure nella mente; invece ciò che ha l'essere (cioè l'ente) è esistente in atto. Conseguentemente ciò che chiamo "essere" è l'attualità d'ogni atto, e quindi la perfezione d'ogni perfezione. Nè si deve pensare che all'essere si possa aggiungere qualche cosa di più formale, che lo determini come l'atto determina la potenza, poichè l'essere di cui stiamo parlando è essenzialmente differente dall'essere (comune) a cui si possono fare delle aggiunte. Infatti nulla si può aggiungere che gli sia estraneo perchè all'essere nulla è estraneo eccetto il non essere, che però non è né forma né materia. Quindi l'essere non viene determinato da qualche cosa come la potenza dall'atto, ma viceversa come l'atto dalla potenza. Infatti definendo una forma noi includiamo la materia al posto della differenza, come quando diciamo che l'anima è l'atto di un corpo fisico organico. E in questo modo, questo "essere" è distinto da un altro "essere" per il fatto che è l'essere di questa o quella natura. Per questo motivo Dionigi dice ( I nomi divini, c. 5) che benchè i viventi siano più nobili degli esistenti, tuttavia l'essere è più nobile del vivere, infatti i viventi non solo hanno la vita ma con la vita hanno anche l'essere.

Le tesi fondamentali della metafisica dell' "Essere".
a) L' "Essere" si identifica con la stessa essenza di Dio:
1) Q7 art.2 ad 4
... l'essere divino che costituisce la sua sostanza non è l'essere generico o comune, ma l'essere distinto da ogni altro essere. Pertanto mediante il suo essere Dio differisce da qualsiasi altro ente.

2) Q1 art.2
... l'essere dell'uomo è limitato alla specie umana, perchè è ricevuto nella natura della specie umana; altrettanto vale per l'essere del cavallo e di ogni altra creatura. Ora l'essere di Dio, poichè non è ricevuto in alcunchè, ma è puro essere, non è limitato a qualche modalità della perfezione dell'essere, ma possiede in se stesso tutto l'essere, e poichè l'essere preso universalmente si può estendere a infiniti oggetti, l'essere divino è infinito, e da ciò risulta che la sua virtù o potenza attiva è infinita.

b) L' "Essere" è anche la via migliore per dimostrare l'esistenza di Dio:
1) dalla molteplicità: se due o più cose hanno alcunchè in comune allora dev'esserci una causa comune;
2) dai gradi di perfezione dell'attuazione dell'essere;
3) dalla partecipazione degl'enti alla perfezione dell'essere.

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