martedì 6 dicembre 2016

Immacolata: il sì a Dio e l’ingresso nella Storia di Maria di Nazareth

 


"Ecce ancilla domini, fiat mihi secundum Verbum Tuum", le parole semplici ed umili con cui è sigillato l'incontro con Dio. Sono esse a portare l'avvento del Salvatore, e con Lui la devozione a Maria Sua madre, devozione che per molti aspetti ha finito con l'intrecciarsi con i culti pagani precedenti, una confluenza ovviamente sottoposta alla soggiacenza al Cristo. Maria ha la Sapienza anche se non gl'occhi fulgenti di Atena e se non è nata dal cervello di Zeus, tuttavia, madre del Figlio di Dio, è nel cuore della Trinità. In realtà di lei sappiamo poco dai vangeli, qualcosa in più da quelli non canonici, i cosìddetti apocrifi, diversi dei quali sono testimonianze importanti. Il motivo risiede nell'incontro/scontro tra due realtà socioculturali che se per diversi aspetti sono similari, per altri sono assai distanti: quella giudaica e quella delle comunità esseni. Se Maria di Nazareth appartenesse o meno ad una di queste comunità è incerto e probabilmente destinato a restare così, quello che è certo è che ne fu in qualche modo vicina e potè beneficiare dell'insegnamento. Uno dei tratti distintivi delle comunità esseni rispetto al giudaismo era infatti una concezione della donna assai più moderna ed emancipata, per cui essi conferivano loro maggior dignità e le ammettevano anche all'istruzione. Dunque una ragazza molto giovane, umile ma dignitosa, come del resto il "fiat" conferma, ma anche istruita e che passerà per prima - come ogni madre - la formazione al Figlio. Del resto i recenti ritrovamenti di Qumran documentano che e quanto il "Discorso della montagna", cardine di tutta la filosofia di Gesù, fosse pregnata dagl'insegnamenti esseni. La grande marginalizzazione di Maria nei vangeli "canonici", corrisponde invece pienamente alla grande misoginia giudaica, la quale porterà così il suo nefasto frutto nella cultura cristiana. Maria di Nazareth e la sua storia, così come anche la devozione ad essa, continueranno ad intrecciarsi con la cultura nel divenire della storia. Due picchi elevatissimi sono raggiunti proprio a riguardo dell'Immacolata concezione. Il primo si ha con un frate francescano, che unisce in sé anch'egli umiltà e sapienza, e che fu il primo, in una sfida teologica alla quale fu costretto, a pronunciare l'Immacolata concezione. Si tratta nientemeno che di Duns Scoto, il celeberrimo filosofo e teologo che chiude la scolastica e che - in ossequio alla misoginia giudaica di cui prima - per tutto è ricordato, tranne che per questo. Così Maria di Nazareth dovrà alla fine intervenire di persona apparendo a Bernardette a Lourdes. E Bernardette "dovrà molto soffrire", sono le testuali parole della Madonna, proprio perché anche qui di nuovo ci sarà l'incontro/scontro con la misoginia giudaica nel frattempo traspostasi ahimé nel cristianesimo, sia con la cultura moderna, così come del resto già ai suoi tempi era accaduto con quella classica. Quelli con la cultura moderna sono probabilmente i più decorosi. Emile Zolà troppo lontano culturalmente e mentalmente all'orizzonte di Lourdes scriverà in proposito il peggiore dei suoi romanzi. Molto più significativo è invece il rapporto con collaboratori diretti o indiretti di Charcot, padre della neuropsichiatria moderna e maestro di Freud, figure imprescindibili della coscienza moderna. Ci si recò infatti persino fino alla Salpetriére per un confronto con folli affetti da isterie e paranoie a sfondo religioso e per fortuna alla povera Bernardette fu risparmiato l'esservi portata personalmente. Gl'assistenti di Charcot risposero che quanto gl'era stato descritto non corrispondeva assolutamente e condussero chi vi era andato alla presenza di veri pazzi affetti da isteroparanoidie religiose: nulla a che vedere con Bernardette. Così ci si mise l'anima in pace e finalmente si credette all'Immacolata concezione. Duemila anni dopo il "fiat" e seicento dopo Duns Scoto. 
francesco latteri scholten

martedì 15 novembre 2016

Il diritto positivo in San Tommaso d'Aquino




Il diritto naturale ha in San Tommaso d’Aquino una sua grande intrinsecità e fondamentalità. Esso ha però anche un grande limite: la genericità. La vita dell’uomo è infatti eminentemente sociale, dunque comunitaria e politica ed in quanto tale essa esige una normazione particolareggiata, ben definita e determinata al caso specifico e concreto. E’ necessaria perciò una legge umana positivamente sancita. Tra le diverse cose che mi hanno colpito, studiando la Summa Theologiae dell’aquinate, c’è il fatto che se per lui la legge prima è quella con cui Dio ordina e crea l’universo e lo dirige al suo fine, se la manifestazione di questa legge nella cratura razionale è la legge naturale, che si ricollega con le potenze dell’intelletto e della volontà alle virtù - dove peraltro mi è sembrato leggere più che un discorso etico/morale, un vero trattato giuridico - , è altrettanto vero che poi l’aquinate dà questa definizione di legge: Comando della ragione ordinato al bene comune, promulgato da chi è incaricato di una collettività. (Q. 90, art.1). E’ una definizione giuspositivista, data alla Quaestio 90, la prima di quelle inerenti la legge, precedente la Q. 91, dove la legge è distinta in eterna, naturale etc. Sembra allora che si possa affermare che, sebbene la prima legge sia quella eterna e poi quella naturale, San Tommaso intenda propriamente come legge (giuridicamente intesa) la legge positiva e come ius lo ius positivo. Questa opinione pare legittimata anche da latre affermazioni fatte sempre alla Q. 90 : a) La legge è qualcosa che appartiene alla ragione (art.1) e ogni legge è ordinata al bene comune (art.2). b) Fare le leggi spetta o all’intero popolo, o alla persona pubblica che ha la cura di esso (art.3). c) La promulgazione è necessaria alla legge perché abbia 


vigore. La prima affermazione del punto a) ci riconnette anche al diritto naturale e così alla legge eterna, mentre già la seconda riconduce invece al diritto in quanto diritto positivo e questo fanno in modo ancora più esplicito le affermazioni degli altri punti. L’opinione sembra essere ulteriormente sostenuta anche dalla definizione di legge umana data nella Q. 91 dove Tommaso disamina le diverse leggi (eterna, naturale etc): la ragione umana dai precetti della legge naturale come da principi universali dispone delle cose in modo particolare, queste disposizioni particolari sono la legge umana. La legge naturale dà dunque dei semplici principi generali, dei criteri, mentre la normazione propria è quella del particolare, data dalla legge umana, dallo ius in quanto positivo. Tuttavia, se lo ius in quanto tale è tale appunto perché positivo, d’altra parte la qualità di iustum gli è conferita dalla partecipazione a quei principi generali propri del diritto naturale. Nella definizione di legge data dall’aquinate ciò è specificato dalla dicitura comando della ragione, in quanto questa è lo specifico dell’uomo, della sua natura. Dalla definizione data appare però che non basta semplicemente che la norma positiva sia ispirata dalla legge naturale come da un principio generale, occorre di più. E’ necessario infatti che il comando della norma positiva in quanto positiva sia finalizzato ad un fine positivo legittimo: il bene comune, ed infatti egli specifica: … il fine della legge umana è l’utilità degli uomini (Q. 95, art. 3). Dunque la norma positiva trae i suoi principi generali dal diritto 



naturale per normare il caso particolare e finalizzare il tutto al bene della comunità. San Tommaso esplicita questo doppio riferimento della legge positiva – da un lato legge eterna, naturale, Dio, dall’altro il bene degl’uomini – relazionandosi alle celebri tre condizioni della legge poste da Sant’Isidoro: 1) che la legge sia coerente con la religione (in quanto proporzionata alla legge divina). 2) Che la legge convenga alla disciplina (in quanto proporzionata alla legge naturale). 3) Che la legge sostenga il benessere degl’uomini (in quanto relativa all’utile degl’uomini). La legge deve dunque rispondere al bonum divinum ed al bonum humanum. L’uomo è moralmente obbligato ad osservare la legge che risponda ad entrambi i questi requisiti. L’obbligazione per San Tommaso non è tuttavia semplicemente morale ma positiva cioè coercitiva, e deve essere anzi normato e coercito positivamente anche il diritto naturale, perché Gl’uomini hanno in sé un appetito naturale alla virtù, è tuttavia necessario disciplinarli a ciò, anche a causa delle inclinazioni contrarie e dunque ricondurre eventualmente con la forza alla virtù. Sono dunque necessarie pene cogenti e la disciplina delle leggi per la pace degli uomini (Q. 95 art. 1). Sempre circa l’obbligatorietà, per l’aquinate, l’uomo può, e talvolta deve non osservare la legge che non risponda al bene comune, nel qual caso è da considerare alla stregua del comando di un bruto, mentre deve sempre non osservare la legge che va contro il bonum divinum. Questi concetti costituiscono anche la base del pensiero politico di San Tommaso, tanto nel De regimine principum quanto nel De regno. Nel De regimine si sofferma sulla necessità che nella società vi sia chi la indirizzi rettamente perché E’ necessario dunque che nella società vi sia un principio direttivo e nel De regno egli esplicita chiaramente: Se dunque una società di uomini liberi è ordinata da chi la governa al bene comune della società stessa, il governo sarà retto e giusto quale si conviene a uomini liberi. Se invece il governo, anziché al bene comune della società, è ordinato al bene privato del governante, avremo un governo ingiusto e perverso. Sono finalizzati al bene comune e perciò giusti la monarchia, l’aristocrazia e la politia, sono forme perverse la tirannide, l’oligarchia e la ma democrazia. San Tommaso nega il tirannicidio, ma sostiene la resistenza passiva fino alla morte contro la legge che neghi il bonum divinum. Come si vede il diritto naturale si ricollega a quello positivo e questo alla concezione politica dello Stato.
francesco latteri scholten.

sabato 5 novembre 2016

La centralità della Famiglia nell'ultimo grande Filosofo cristiano: Hegel (...ed i suoi nemici).




Se l'oggetto della Filosofia è la Verità e perciò Dio nella sua unitrinitarietà – ed è significativo che l' “Eniclopedia” si chiuda prendendo a prestito la descrizione del “pensiero di pensiero”, l'autocoscienza pura della Metafisica di Aristotele, passando dal tedesco direttamente alla citazione in greco – la centralità dell'ultimo grande scritto hegeliano, i “Lineamenti di Filosofia del Diritto”, è occupata dalla Famiglia. C'è infatti continuità profonda, se invero Dio per la sua autocoscienza è ripreso da Aristotele, nondimeno il Dio di Hegel è quello cristiano unitrinitario, Dio dunque – ben lontano da qualsiasi solipsismo - è la più alta relazionalità. Sulla scia di questa, evangelicamente, l' uomo è in quanto persona e dunque relazionalità (come peraltro già di nuovo anche per Aristotele). La relazionalità umana nella sua forma più alta, sulla scia di quella divina, sfocia nella relazione d'amore tra uomo e donna e dunque nella triadicità della Famiglia. E' così che dal “diritto astratto” del singolo si passa alla sua concrezione, la moralità, la quale in sintesi con il diritto astratto ha per esito l'etica. L'uomo è in Hegel, cristianamente essere relazionale, dalla cui relazionalità prima origina il nucleo primigenio, la Famiglia e da essa la Società e lo Stato. La Famiglia: ignorata, maltrattata, diffamata ed apertamente avversata e tacitamente combattuta non meno del grande Filosofo di Stoccarda, da tutta la filosofia successiva. Se infatti tutta la Filosofia precedente culmina in Hegel, quella successiva potrebbe ben portare un'unica etichetta: contro Hegel, ma anche contro la Famiglia. L'attacco più duro è sferrato da un hegeliano di sinistra doc, affascinato ed estasiato all'inizio, ma distaccatosi poi con decisione: Karl Marx. Nei confronti di Hegel Marx parlerà di “parricidio necessario” perché lo “spirito” per lui è espressione della realtà materiale e da essa si origina e si leva, dunque necessità di capovolgere la filosofia hegeliana per mettere ordine, per dare alla realtà la sua descrizione vera. Tuttavia senza uno studio propedeutico del filosofo di Stoccarda il discorso di Marx e la sua evoluzione restano in 


gran parte incomprensibili. Per quanto concerne la Famiglia, ancora ne “Il Manifesto del Partito Comunista” a proposito della alienazione dell'uomo di fatto portata avanti dal capitalismo (in specie quello manchesteriano) Marx denunciava la riduzione dell'uomo a macchina, ad utensile, con orari di lavoro che non lasciano alcuno spazio alla famiglia, agli amici, allo svolgimento di qualsiasi attività socioculturale o politica... La posizione cambierà con “La sacra famiglia”, dove la famiglia non è più parte integrante dell'uomo ma estensione del potere capitalistico. Un sistema, quello capitalistico, destinato a portare alla rivoluzione violenta ed alla espropriazione degli espropriatori e quindi all'instaurazione di un sistema collettivistico sociale “umanitario” che una volta collettivizzati i mezzi di produzione porterà alla società migliore. La Storia ha dimostrato che la statalizzazione dei mezzi di produzione non porta affatto all'uscita dal capitalismo bensì semplicemente al passaggio dal capitalismo privato a quello di Stato. Si aprono così le porte ad una nuova (e più perniciosa) forma di totalitarismo in cui la famiglia – e prim'ancora quell'amore da cui essa dovrebbe nascere – sono avversati in quanto residui “borghesi”, l'uomo infatti (ma anchje la donna) hanno da essere parte del sistema hanno da essere anzitutto “compagni” prima ancora che amanti, padri, madri, figli, fratelli o sorelle. Un orizzonte insomma del tutto analogo a quello in cui sfoceranno gli “hegeliani di destra”: “un bimbo per la Germania, un bimbo per il Fuehrer”... Destra e sinistra hegeliane perciò sfociano in realtà sia pure con connotazioni distinte ma con molti punti in comune, a cominciare dall'origine, e tante (e perniciosissime) similarità: quelle che consentiranno la stretta di mano tra Hitler e Stalin. Ideologie nefaste da cui la Storia ha dimostrato originare solo massacri idicibili, stermini, campi di concentramento rovescio della 


medaglia e vera realtà su cui era costruito l'ostentato “successo” di entrambe le tipologie totalitaristiche. Solo apparentemente meno pernicioso invece il capitalismo liberista che ostenta e copre ipocritamente la sua realtà con una maschera di “Libertà”, icona propagandata, dietro cui si nascondono sfruttamento e riduzione a schiavitù, e, prima ancora il solipsismo dell'uomo cui unico movente è quello economico. Movente all'insegna e sotto l'egida del quale diventano indistinguibili e privi di senso il Bene ed il Male, ed il giudice ed il criminale finiscono per identificarsi. L'immagine propagandata con grande effetto è quella del bene economico di alcuni assai pochi portato come possibilità accessibile per tutti e dunque della esclusione degli altri, la maggior parte, per “propria colpa”. L'immagine propagandata con grande effetto è quella del “for ever Young”, dietro alla quale si cela e nasconde abilmente la realtà cui “L'eroe solitario” conduce: la denatalità, la senescenza e la morte. “Riguardo alla pretesa di istruire su come deve essere il mondo, va detto che in proposito la Filosofia giunge in ogni caso sempre troppo tardi. In quanto è il pensiero che pensa il Mondo, essa si manifesta nel tempo solo dopo che la Realtà ha completato il proprio processo di formazione...” scriveva Hegel in conclusione alla prefazione dei “Lineamenti di Filosofia del Diritto”. Ebbene in sintonia con ciò, la Storia ci ha mostrato inconfutabilmente che il “capovolgimento” di Hegel, il “parricidio necessario”, hanno portato solo a tre sistemi totalitaristici degeneri il cui esito è lo sterminio di massa, un esito satanico. La Storia, insomma, ha dimostratamente dato ragione al Filosofo di Stoccarda: “Il Reale è Razionale ed il Razionale è Reale” (ibidem) ed il superamento di Hegel ha portato solo a nichilismi distruttivi ed autodistruttivi. Tornare ad Hegel? Sarebbe auspicabile...
francesco latteri scholten

martedì 4 ottobre 2016

Nietzsche, Agostino Gemelli ed il “fumo di Satana nella Chiesa” di Paolo VI.




Se agli albori del XX° secolo Papa Leone XIII aveva avuto la visione mistica che riprendeva il libro di Giobbe, ma nella quale, al posto di Giobbe, oggetto del dialogo tra Dio ed il diavolo era la Chiesa, anche Paolo VI denunciò con forza la “presenza del fumo di Satana nella Chiesa”. Come già le ben note vicissitudini di San Pio da Pietrelcina hanno ben evidenziato, quel fumo ha cominciato a diffondersi con estrema vigorìa e la negazione del dogma dell'Immacolata concezione da parte, ahimé, di diversi vescovi tedeschi e non solo, dimostra quanto esso sia tutt'ora presente. Stranamente a denunciare con chiarezza di cosa davvero si tratti non sono, con lievi eccezioni, i teologi ed i Papi, bensì uno dei grandi 


 “apostoli” dell'ateismo: Friedrich Nietzsche. Anzitutto "Chi" è il “principe della menzogna” e poi "Cosa" è la Menzogna. Il Chi, è l'angelo caduto, ovvero colui che in piena coscienza ha rifiutato Dio e si è collocato in una realtà esistenziale nel cui orizzonte Dio non c'è e se anche ci fosse non sarebbe indifferente: l'Inferno. Il fine della Menzogna è di portare anche l'uomo in questo orizzonte esistenziale. La Menzogna non è dunque la semplicistica bugia di Pinocchio, che tanto più è grande tanto più ha il naso lungo e le gambe corte ed è perciò tanto più visibile. Il fine della Menzogna è il mutamento dei parametri – specie valutativo/valoriali – del soggetto. Essa cambia così il rapporto del 


 soggetto con l' “altro”, con il “mondo”, con Dio. La Menzogna ieri, si veda la Genesi, come oggi, procede allo stesso modo usando l'edonismo materialista per portare ad un orizzonte nel quale la Spiritualità e Dio sono indifferenti. Malus, il melo ed il suo frutto – e si noti l'assonanza con Malum, il male – è esattamente questo nel significato allegorico degl'antichi. Ebbene l'uomo poteva mangiare dai meli del giardino, solo gl'era fatto divieto di non cibarsi di quello posto al centro. Ovvero di non mettere al centro della propria esistenza l'edonismo materialista. Paradossalmente, il Serpente non ha mentito, l'uomo infatti ha visto la “verità”, stavolta con altri parametri che lo hanno proiettato in altri orizzonti, coincidenti con l'uscita dal Paradiso: ha 



visto di essere nudo e mortale. Chi ha riconosciuto con estrema lucidità il Malus del mondo moderno è Nietzsche, nel suo celeberrimo “La Gaia Scienza”. Il nuovo Malus è infatti il positivismo scientifico e la ricezione acritica dei suoi parametri. Questi parametri infatti proiettano l'uomo in un orizzonte esistenziale nel quale “Dio è morto” e se anche non lo fosse sarebbe comunque inesperibile, e quand'anche lo fosse, sarebbe comunque indifferente. Ma, in questo orizzonte (quello del positivismo scientifico), come bene nota già Nietzsche, anche per l'uomo non c'è posto. E, significativamente, l'aforisma 125, “L'uomo folle” si apre proprio con il grido “dov'è Dio?”, per portare subito allo smarrimento umano, lo smarrimento (lasciamo un attimo Nietzsche) che fu anche degl'Angeli ed a cui Michele rispose con il grido che da allora sarà il suo nome: Micha El, Chi come Dio? Tornando a Nietzsche, “dove sono ora il sopra ed 


il sotto, l'avanti ed il dietro... Dio è morto, noi tutti, voi ed io, lo abbiamo ucciso”. Dio è ucciso, non con le bestemmie e la violenza bensì tacitamente, assumendo per parametri quelli scientifico positivistici, il cui esito ultimo è la proiezione in una realtà esistenziale priva di Dio. Uno dei personaggi più significativi del Novecento per quanto riguarda l'assunzione di questi parametri da parte della Chiesa è stato senza dubbio “Padre” Agostino Gemelli, di origini atee e massoniche, il quale, al pari di altri, vedeva in questa acquisizione addirittura un progresso per la Chiesa, un liberarsi dalle credulonerie medioevali. Ma, l'assunzione di quei parametri porta appunto alla “morte di Dio”: non c'è più non solo l' Immacolata concezione, ma il dogma 


centrale della fede cristiana (già secondo San Paolo), ovvero l'incarnazione, morte e risurrezione di ns Signore sono negati, insieme a Dio stesso. Perché si chiede un “segno”, come già ai tempi di Gesù, e non ci si avvede che quel segno lo si vuole in un orizzonte esistenziale in cui Dio non c'è e se ci fosse sarebbe indifferente. Eppure, è morto poco tempo addietro Padre Gabriele Amorth, quasi nessuno nella Chiesa ufficiale si è degnato di parlarne, Vescovi e Cardinali, sulla bella scia di Agostino Gemelli assumono psicologi e psichiatri (che possono essere ancora accettabili per collaborazioni esterne) ma non ordinano esorcisti, neppure a fronte delle tantissime richieste e necessità. A loro, come ai vescovi tedeschi e non, che non credono al dogma dell'Immacolata, ho da obbiettare una sola cosa: coerentemente con queste vostre convinzioni, abbiate il coraggio e l'onestà di restituire l'abito e di andarvene.
francesco latteri scholten

domenica 11 settembre 2016

Sicilia 1923, Cefalù: la cacciata di Aleister Crowley (massimo satanista del Novecento).




L'evento è accaduto ormai quasi un secolo addietro, fine aprile 1923. La località è contrada Santa Barbara presso Cefalù. E' qui infatti che circa tre anni prima, nel marzo del 1920, in una villa - ancora esistente anche se in condizioni fatiscenti - era stata eretta l'Abbazia di Thelema, disposta su un solo piano e con una sola sala, il "Sancta Sanctorum" con un grande pentagramma sul pavimento ed al suo centro un altare esagonale su cui era posto il "Liber Legis" il cui imperativo era "Fai ciò che vuoi sarà la tua legge". C'era anche - ovviamente - il trono della Bestia, orientato ad Est, con tanto di braciere ardente e, ad Ovest, il trono della Donna Scarlatta; scene orgiatsiche completavano il quadro. Autore del progetto lo stesso Aleister Crowley - unanimemente ritenuto il massimo satanista del Novecento, specie 



per quanto concerne il satanismo sessuale - al quale si era iniziato dopo il consulto degli i Ching, da cui aveva ricavato il responso positivo per l'opportunità del luogo per la fondazione della sua nuova "religione".  A lui e ad essa si ispireranno autori importanti della cultura del Novecento, da Marylin Manson (ispirazione scontata), a Mick Jagger degli "Stones", ma anche Maugham (ne "Il mago"), Umberto Eco (ne "Il pendolo di Foucault"), o Vincenzo Consolo (in "Nottetempo casa per casa"), per citarne solo alcuni. Vociferazioni affermano che nei riti e nelle liturgie di magia rossa o nera praticata da Crowley venissero immolati anche dei bimbi, sebbene in proposito non vi siano prove certe, anche se la 



"Camera degli incubi", la sua stanza da letto, la meglio conservata, lascia interdetti, con i suoi affreschi e le sue iscrizioni fatte da lui personalmente: “fissa il tuo sorriso demoniaco nella mia mente e immergimi nel cognac e nella cocaina”. C'è dunque la testimonianza certa di una realtà psichica alienata ed alienante, la quale connota peraltro secondo i dati statistici ben il 90% dei satanisti. Del resto della sua depravazione Crowley stesso era ben consapevole, tanto almeno da autodefinirsi "l'uomo più perverso del mondo". Probabilmente il responso degli i Ching non era stato esatto o almeno correttamente interpretato, perché alla popolazione autoctona - avvezza a ben altra realtà, come la magnifica Cattedrale di Cefalù è lì a testimoniare con il suo superbo altare in argento massiccio - l'alienazione del soggetto e la sua depravazione non restarono per niente celate. Il raccapriccio e l'orrore dilagarono subitanei e con essi l'aperta rivolta che - tanto per cambiare - fu capace di farsi udire anche a livello nazionale e di portare infine alla cacciata di Crowley e dei suoi adepti. A quasi un secolo di distanza rimangono sul posto i ruderi fatiscenti dell' "Abbazia di Thelema", che più volte qualcuno ha voluto inopportunamente tentare di recuperare quale realtà culturale, ma che sono lì di fatto a sfregiare un territorio di straordinaria bellezza e valore culturale e - perché no? - religioso. Probabilmente, invece di un recupero, un paio di bulldozer sarebbero più opportuni. Per una bonifica, si capisce, magari alla presenza di qualche capace esorcista...
francesco latteri scholten.

mercoledì 24 agosto 2016

La bandiera del califfato sul Vaticano: lo dicono tutte le profezie da Malachia ad oggi, e Papa Francesco è nel segno dell'Apocalisse, tuttavia...


111 motti latini per descrivere i 111 Papi che dal 1143 si sarebbero succeduti sul trono di Pietro sino ai ns giorni, il tutto con la collaborazione di San Bernardo. La prima, ex castro tiberi allude al paesino d'origine di Celestino II, la 111, de gloria olivae, designa con l'ulivo simbolo di Pace, Benedetto XVI. Poi l'ultima, Petrus romanus: “In persecutione extrema sacrae romanae ecclesiae sedebit Petrus romanus , qui pascet oves in multis tribulationibus; quibi transactis, civitas septis collis diruetur, ed Judex tremendus judicabit populum suum. Amen. Le profezie dell' Archiepiscopus Malachia si sono sempre avverate, e furono trascritte dal monaco benedettino Arnold Wion nel 1595. E', se si prescinde dall'Apocalisse di San Giovanni dove pure si parla della distruzione della città dai sette colli, la più antica delle profezie e troverebbe concrezione proprio nei nostri tempi. Alla lista degli “eccellenti” non poteva ovviamente mancare Nostradamus, il quale, secondo i suoi esegeti mette in relazione Papa Bergoglio alla parca Aproco, cui era assegnato il compito di recidere il filo: ossia il suo pontificato non 


sarà simile a nessun altro e la sua uscita di scena sarà straordinaria. Secondo molti sarà la Misericordia a tagliare il filo con il passato. Sentimento di compassione ma anche, ai tempi del Rinascimento, la spada per finire il nemico. Nostradamus parla poi di un dialogo con la religione dei mari dopo il trionfo sulla setta del Califfo... Anna Catarina Emmerich, le cui visioni pure si sono sempre avverate (compresa quella dell'avvento di Hitler), sembra esplicitarlo meglio, essa vede infatti per i tempi della fine due Papi, uno più anziano ed uno più giovane. Il primo è in preghiera circondato da falsi amici i quali spesso agivano in contrasto alle sue disposizioni, poi una figura femminile si erge maestosa nella grande piazza davanti alla Chiesa e stende il suo manto protettivo su di essa; giunge poi un nuovo Papa più giovane ma più severo. In una visione successiva è San Michele Arcangelo ad ergersi al di sopra della cupola di S. Pietro, mentre la Chiesa attaccata da fuori e dal suo stesso interno brucia di un rosso vivo ed una voce altisonante dichiara “essa sarà lavata nel sangue”. “Vidi la Chiesa solitaria, abbandonata, sembrava che tutti fossero scappati via, imperava la disarmonia più completa, dappertutto grandi difficoltà e odio, 


tradimenti ed amarezze, inquietudini e cecità piena (…) O Roma, quali minacce! Fai attenzione ma io spero che tu resterai salda...” La visione è estesa anche alla Sicilia vista avvolta in grande oscurità con la gente che fugge. Del resto, la presenza storica negl'anni venti nell'isola di Aleister Crowley il più grande satanista del Novecento ed uno dei maggiori in assoluto è ben presagio funesto. Per la Santa di Flamske la fine della grande lotta tra il serpente antico e la Donna è segnata dal trionfo del Cuore Immacolato di Maria. Sarà così anche per tutte le altre profezie che seguiranno, da Fatima a Lourdes, dalle Tre Fontane a Medjugorie. Quello che invece potrebbe essere il “prologo” di questa lotta assoluta tra il Bene ed il Male è la visione di Papa Leone XIII, il grande innovatore della Chiesa autore della Rerum Novarum. E' una visione che invero riporta indietro ai tempi veterotestamentari, più precisamente al libro di Giobbe di cui sembra ricalcare assai fedelmente l'apertura: Dio dialoga con il diavolo e gli lascia libertà di colpire Giobbe, solo che qui Giobbe è la Chiesa. Papa Leone restò estremamente turbato e compose la celebre preghiera esorcistica a San Michele Arcangelo. Dunque Papa Francesco, Papa dell'apocalisse? Potrebbe darsi, ma certamente tanto Nostradamus quanto Santa Catarina Emmerich lo descrivono come Papa del nuovo inizio, della ricostruzione, e, segnatamente, la Santa di Flamske dice che la ricostruzione sarà nello spirito di San Francesco, quello che Bergoglio porta avanti sin nel nome. Curiosamente tuttavia la spiritualità di Papa Francesco, che affonda le proprie radici negli Esercizi Spirituali di Sant'Ignazio e nel suo Principio e Fondamento, proprio tramite essi si volge alla contemplazione dell'Apocalisse di San Giovanni, che è per il Pontefice il riferimento di elezione per l'illustrazione del cammino ignaziano nel suo bellissimo “Aprite la Mente al vostro Cuore”, in cui ci fa da guida nella sequela di Sant'Ignazio.
Francesco latteri scholten.

P.S. Nell'immagine “La materia poteva non esserci” di Pietro Consagra nei pressi di Tusa in Sicilia. L'opera rappresenta la lotta tra il Bene ed il Male.


P.P.S. Un confronto – sia diretto che “on line” - con diverse persone mi ha fatto toccare con mano quanto il pensiero positivista condizioni ormai in maniera pregnante il modo di pensare dell'uomo di oggi e quanto egli, a differenza degl'antichi e dei medioevali, sia perciò alieno alla metafora ed all'allegoria, all'immagine quale rappresentazione di un senso, di un significato. L'uomo di oggi ha la pretesa positivista di vedere la concrezione dell'immagine della profezia, al suo senso ed al suo significato non guarda neppure e meno che mai si ci interroga. Le immagini delle profezie citate non sono quelle messe on line dai militanti dell'ISIS, le bandiere di Daesh sulla cupola e sull'obelisco di S. Pietro. Il senso delle immagini delle profezie è invece quello – ahimè avveratosi – di un sorpasso, anche nella vecchia Europa, da parte dell'Islam che è ormai a livello continentale la religione più diffusa e la prima in molti Paesi a cominciare dall'ex cattolicissima Francia. Il tutto. proprio come profetizzato. in un contesto di scristianizzazione, secolarizzazione ed apostasia di massa quale quello dei nostri giorni. Dunque nel suo senso proprio, quello prrofetico appunto e non quello positivistico, le profezie si sono in gran parte avverate.

mercoledì 27 luglio 2016

L'esorcista ed il filosofo ovvero Padre Matteo La Grua e Cartesio.




“... mi pare che oggi l'uomo sia senza bussola. L'uomo non ha più un progetto spirituale per la sua vita...” perché “non è possibile sostituire l'io e metterlo al posto di Dio...” Così Padre Matteo La Grua nell'ultima sua intervista poco prima della morte, forte dell'esperienza di una vita quasi centenaria. Filosoficamente si tratta invero della celeberrima “inversione” cartesiana operata con il cogito: “cogito ergo sum”. Penso dunque sono. La prima certezza è quella dell'io. Si altera in questo modo il rapporto sul quale tutta la verità e la realtà era stato teso dalla filosofia classica: il rapporto Uno / Molti, ovvero il rapporto tra il principio di unificazione e quello di determinazione, non ci si muove più sulla linea del principio di unificazione bensì su quella del principio di separazione, della molteplicità. L'esito di questo percorso è quello 



nietzschiano cui corrisponde appunto l'attuale “società liquida”. In essa vale quanto ha scritto Nietzsche, “... chi ci ha dato la spugna per cancellare l'intero orizzonte... e dove sono adesso il sopra ed il sotto e, hanno ancora un senso?” Il punto è che questo cammino, a differenza della apocalissi cristiana, non apre a “cieli nuovi e ad una nuova terra”, bensì ad una realtà totalmente priva di orizzonte così come di comunanza e perciò di solidarietà e fratellanza e addirittura di socialità. Si apre all'inferno dantesco, “per me si va ne la città dolente / per me si va ne l'etterno dolore / per me si va tra la perduta gente / … lasciate ogne speranza voi ch'intrate.” E' un cammino che concerne anche ed anzitutto la stessa interiorità dell'uomo, la sua psichicità perché è anzitutto in essa che origina e prosegue il cammino e, che esso produce separazione (gl'antichi dicevano diaballo). Il punto di arrivo, al fondo, nella ghiaccia di Cocito è Lucifero tripartito dallo scimmiottamento di Dio operato appunto movendosi non come la Trinità lungo l'asse del principio di unificazione, bensì lungo quello del principio di divisione dando come esito la triplice scissione della propria psichicità: non l'armonia bensì la più radicale scissione da sé e con sé. L'uscita dall'inferno non è, ovviamente quella dantesca, assai scenografica, conseguita calandosi sul dorso di Lucifero, bensì quella psichicamente più difficile che Padre Matteo La Grua esprime con semplicità: “... coraggio, sono io, non abbiate paura.” Ovvero il ritorno al principio di unificazione anzitutto per il proprio orientamento psichico e prima ancora Spirituale. E' quello che già Jacques Derridda aveva chiamato “la farmacia di Platone”. Ovviamente per Padre Matteo il Lògos è Cristo il cui riconoscimento da parte nostra come nostro Signore è la vera medicina universale...
francesco latteri scholten.

venerdì 29 aprile 2016

Gesù di Nazareth: il fascino Divino dell'AntiDivo.


Mircea Eliade volendo connotare le caratteristiche più fondamentali dell'esperienza umana del Divino cita Rudolph Otto, "Il Sacro", osservando come la Ierofania si contraddistingua anzitutto per il carattere del Fascinans. E' l'irrompere, il manifestarsi del "Totalmente Altro" rispetto all'umano ed al mondano, sin qui Otto. Eliade prosegue poi osservando come la semplice apparizione del "Totalmente Altro" sia al tempo stesso la creazione di una ontologia nuova: è la creazione di un nuovo "Asse del Mondo". E' uno squarciare il tempo e lo spazio che appaiono ora scissi in tempo e spazio profani e tempo e spazio sacri. Sin dai tempi più remoti della sua Storia l'uomo ha detto la Ierofania indescrivibile, inesprimibile, non comunicabile, unica. Al tempo stesso l'ha detta anche come la più piena, intensa, significativa e significante delle esperienze umane. "Illuminazione" è uno dei termini più frequenti. Un'esperienza che, come già descriveva Aristotele, Metafisica lib. XII°, è data solo a pochi uomini e poche volte nella loro vita, e solo brevemente, ma nella quale l'uomo raggiunge una tale pienezza di coscienza quale non ha avuto in tutta la vita messa insieme: Dio invece è sempre così e di più... E' anche un solo istante, ma che vale quanto e 


più di una vita. Sant'Ignazio di Loyola, nella sua autobiografia, "Il racconto di un pellegrino" la descrive così: "Seduto lì, cominciarono ad aprirsi gl'occhi dell'intelligenza: non che avesse una visione; eppure capiva e conosceva molte cose, sia spirituali che di fede e di scienza, con una luce così grande che tutte gli sembravano nuove. Né si possono descrivere tutti i particolari che allora capì, benché fossero molti; si può solo dire che ebbe una grande luce nell'intelleto. Tale che in tutta la durata della sua vita, fino ai sessantadue anni passati, pur volendo mettere insieme tutti gli aiuti ricevuti da Dio e tutte le cose imparate, sommando tutto, non gli sembra di aver ottenuto tanto quanto in quella sola volta." Dunque, a volte anche solo un istante, ma è un'esperienza che cambia radicalmente la Vita dell'uomo che è ora divisa, come bene nota San Paolo, in "vita dell'uomo vecchio" e "Vita Nuova", caratterizzata da una pienezza prima inimagginabile. Una Pienezza che vale più della stessa vita e che ora a nessun costo si vuole più perdere: dunque un nuovo orientamento della Vita dell'uomo. E', come già bene osservava Aristotele, l'attrazione di Dio: l'Amante muove l'amato. Gesù di 


Nazareth, la cui vita terrena è la massima forma di Ierofania, possedeva questa qualità, quella del Fascinans, in sommo grado: all'istante Simon Pietro e Andrea suo fratello lo seguirono; così Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello, che non lasciano lì solo le reti, ma anche il padre; così Matteo che lascia il banco delle imposte; così anche Ponzio Pilato che però non lo seguirà e con una lavata di mani ne segnerà la condanna. Il Fascinans promana dalla Persona, dal Logos che è discorso delle Beatitudini, dalle opere che sono carità e misericordia, ma anche guarigione e consolazione. Il Fascinans è tutto insieme e di più: è l'indicazione all'uomo di una Via umanamente percorribile che porta a Dio; è il fulmine, il tuono ed il terremoto che squarciano il velo del Tempio al momento della morte; è il Sepolcro vuoto; è il segno grandioso nel Cielo che appare a Giovanni, il discepolo amato... Carattere precipuo del Fascinans è anche il suo antidivismo: no al divus, all'imperator, alla mondanità, perché essa chiude la mente allo Ieros ed al suo fainestai. E' il NO all'ultima tentazione, "tutti questi regni io ti darò...", il secco "Adorerai solo Dio..." E' il ritiro dalle folle dopo la moltiplicazione dei pani, dopo le guarigioni, la risurrezione di Lazzaro... E' il NO al messianesimo politico di Giuda che per questo lo tradirà. E' il Fascino Divino dell' Anti Divo.
francesco latteri scholten.