Quella
sugli Angeli è la più famosa delle trattazioni di San Tommaso
d'Aquino. La si trova principalmente elaborata nella Somma Teologica.
Tommaso sviluppa la propria concezione partendo da uno dei testi più
noti dell'antichità, ovvero “La gerarchia Celeste” dello
PseudoDionigi. Questi in antichità ebbe molta fortuna perché si era
presentato come Dionigi membro dell'Areopago di Atene citato negli
“Atti degli Apostoli”; invero l'autore, anonimo, non è del primo
ma del quinto secolo. E' un neoplatonico che si rifà a Proclo ed a
San Gregorio di Nissa. Per lo PseudoDionigi la realtà, così come la
conoscenza, hanno una strutturazione gerarchica e discendono dal
principio sommo, ovvero da Dio per passare agli Angeli, all'uomo,
sino alla materia. Per lo PseudoDionigi “la
gerarchia é nello stesso tempo ordine, scienza e azione,
conformandosi, per quanto épossibile, agli attributi divini, e
riproducendo, per mezzo dei suoi splendori originali, una espressione
delle cose che sono in Dio”
(...)
“Il
fine della gerarchia é dunque di assimilarci e di unirci a Dio che
essa adora come signore e guida della sua scienza e delle sue sante
funzioni.”
(...)
“Così,
sotto questo nome di gerarchia s'intende una certa disposizione ed
ordine santo, immagine della bontà increata, che celebra nella sua
propria sfera, con il grado di potere e di scienza che gli compete, i
misteri illuminatori, e si sforza di ricopiare con fedeltà il suo
principio originale. Infatti, la perfezione dei membri della
gerarchia consiste nell'accostarsi a Dio per mezzo di una coraggiosa
imitazione e, ciò che é più sublime ancora, nel farsi suoi
cooperatori, (Lettera ai Corinzi, I. 3, 9) come dice il libro santo,
facendo risplendere in se stessi, secondo il proprio potere, le
meraviglie dell'azione divina. Volendo perciò l'ordine gerarchico
che gli uni siano purifica ti e gli altri purifichino; che gli uni
siano illuminati e gli altri illuminino; che gli uni siano
perfezionati e gli altri perfezionino, ne segue che ciascuno avrà il
suo proprio modo d'imitare Dio.”
(PseudoDionigi, Gerarchia Celeste III, 1).
Di
Chi siano gli Angeli e quale sia la loro funzione lo PseudoDionigi
specifica:
“I.
Si insegna che Dio si é comunicato alle creature per bontà, e che
tutte le creature
partecipano di Dio. - II. Gli Angeli sono
chiamati a una partecipazione più alta, e incaricati di trasmettere
agli esseri inferiori i segreti divini. - III. Si stabilisce che Dio
non si é mai manifestato nella purezza della sua essenza, ma sempre
sotto il velo di simboli creati; che gli esseri inferiori vanno verso
Dio per mezzo dell'aiuto di esseri superiori, e che ogni gerarchia
comprende tre gradi distinti. - IV. Si mostra che il mistero
dell'Incarnazione fu preannunzialo dagli Angeli, e che Cristo stesso,
nella sua vita mortale, ricevé gli ordini del Padre per mezzo dei
santi Angeli.”
(PseudoDionigi, Gerarchia Celeste IV).
Le
nature angeliche si dividono in tre Gerarchie principali, ciascuna
divisa in tre
“...
potenze
costituite in primo, secondo e terzo grado, affinché le più
elevate
siano guida e maestre delle altre nelle opere della
purificazione, della illuminazione e della perfezione.”
per
un totale di nove Cori angelici. La prima Gerarchia è formata dai
Serafini, Cherubini e Troni; la seconda dalla Dominazioni, Virtù e
Potenze; la terza i Principati, gl'Arcangeli e gli Angeli. Questi i
punti salienti della concezione cui si rifà San Tommaso. Nella
“Somma Teologica” si affronta per prima la natura degli Angeli
alle Questio 50-64. Si tratta ovviamente della natura più elevata e
dunque, necessariamente, incorporea:
“RISPONDO:
È necessario ammettere delle creature incorporee. Infatti, ciò a
cui mira principalmente Dio nella creazione è il bene, che consiste
in una rassomiglianza con lui. Ora l'effetto somiglia perfettamente
alla causa quando la imita proprio in quello che serve ad essa per
produrre l'effetto; come quando un corpo caldo rende caldo un altro
corpo. Orbene, Dio produce la creatura per mezzo dell'intelletto e
della volontà, come fu spiegato a suo tempo. Dunque la perfezione
dell'universo richiede che vi siano delle creature intellettuali. Ma
l'intellezione non può essere atto di un corpo né di alcuna facoltà
corporea: ogni corpo infatti è limitato nello spazio e nel tempo. Ne
segue che per avere la perfezione dell'universo è necessario
ammettere l'esistenza di qualche creatura incorporea. Gli antichi
(filosofi), ignorando la portata della cognizione della potenza
intellettiva, e non sapendo distinguere l'intelletto dal senso,
credettero non esservi al mondo nient'altro all'infuori di ciò che
cade sotto il dominio dei sensi e dell'immaginazione. E siccome sotto
l'immaginazione non cade che il corpo, opinarono che non vi fosse
altra realtà che il corpo, come riferisce appunto il Filosofo. Da
questi stessi motivi ebbe origine l'errore dei Sadducei, che
"negavano l'esistenza degli spiriti". - Ma per il fatto
stesso che l'intelletto è superiore al senso, si deve
ragionevolmente concludere che esistono delle sostanze incorporee
oggetto esclusivo dell'intelligenza.”
(Q.50 a1)

Tommaso
qui è fermo:
“...è
impossibile che le sostanze spirituali abbiano una materia qualsiasi.
(…) le sostanze angeliche sono superiori al nostro intelletto.
Questo perciò non è capace di apprenderle come sono in se stesse;
ma (le apprenderà) alla sua maniera, cioè come apprende le cose
composte. In questo modo, come si è già visto, conosce anche Dio.”
(Q.50 a2)
Viene
trattata quindi subito la spazialità ovvero il rapporto degli Angeli
con essa ed il loro moto. Essendo di natura incorporea l'Angelo
“...l'angelo
si trova in un luogo corporeo in quanto egli vi applica la sua virtù”
(I, Q.52 a1) Da ciò segue che “essendo
l'angelo localizzato in forza dell'applicazione della sua virtù a un
dato luogo, non possa trovarsi dovunque, né in più luoghi, ma in un
luogo solo.” (I, Q.52 a2). Così anche il moto degli Angeli deriva
dalla applicazione della loro Virtù:
“RISPONDO:
L'angelo beato può muoversi localmente. Però, come è equivoco
parlare (indifferentemente) di presenza in un luogo per il corpo e
per l'angelo, così pure è equivoco parlare di moto locale. Il corpo
infatti è in un luogo, perché da esso è contenuto e ad esso è
commisurato. Perciò è necessario che anche il moto locale del corpo
sia proporzionato al luogo e si assoggetti alle sue esigenze. È cioè
necessario che alla continuità dell'estensione corrisponda la
continuità del moto; e dal prima e dopo dell'estensione derivi il
prima e il dopo del moto locale dei corpi (cioè il tempo), come
spiega Aristotele. - Ora, l'angelo non si trova nel luogo come
contenuto e commisurato ad esso, ma piuttosto come contenente. Non è
quindi necessario che il moto locale dell'angelo si adegui al luogo
stesso, e neppure che ne segua le esigenze, acquistandone la
continuità; ma il suo è un moto discontinuo. Dal momento infatti
che l'angelo si trova in un luogo per il contatto della sua virtù,
come sopra si è spiegato, ne segue necessariamente che il moto
locale dell'angelo non sia altro che il succedersi di tali contatti
su luoghi diversi: poiché l'angelo non può trovarsi simultaneamente
in più luoghi, come sopra si è visto. Ma non è necessario che
questi contatti abbiano una continuità. Può darsi tuttavia in
questi contatti anche una certa continuità. Infatti niente
impedisce, nel modo già visto, che, come un corpo si trova in un
luogo divisibile perché vi applica le sue dimensioni, così l'angelo
vi si trovi applicando a tale corpo divisibile la sua virtù. Perciò,
come il corpo non abbandona istantaneamente ma progressivamente il
luogo in cui si trova, determinando la continuità del suo moto
locale, così pure l'angelo può abbandonare progressivamente il
luogo divisibile in cui si trova, e in tal caso il suo moto è
continuo. Ma può anche abbandonare istantaneamente tutto il luogo
per unirsi istantaneamente a tutto un altro luogo: e in questo caso
il suo moto non sarà continuo.”
(I, Q.53 a1)
Nelle
Quaestio immediatamente successive Tommaso tratta dell'Intelligenza
(Q.54-58) e della Volontà degli Angeli (Q.59-60). Per quanto
concerne l'Intelligenza l'aquinate distingue: la loro facoltà
conoscitiva; il mezzo della loro conoscenza; gli oggetti da loro
conosciuti divisi in immateriali e materiali. A differenza di Dio che
è atto puro, l'essere degli angeli non è atto puro e dunque
comprende anche potenzialità: dunque l'intelligenza dell'Angelo non
può identificarsi né con il suo essere né con la sua essenza:
“RISPONDO:
Nell'angelo, come in ogni altra creatura, la virtù o potenza
operativa non si identifica con l'essenza. Ed eccone la prova. La
potenza è ordinata all'atto, bisogna perciò distinguere le diversa
potenze secondo la diversità degli atti; appunto per tale ragione si
dice che l'atto corrisponde alla propria potenza. Ora, si è già
visto che in ogni creatura l'essenza non si identifica con l'essere,
al quale viene ordinata come potenza al suo atto. Mentre l’atto a
cui è ordinata la potenza operativa è l'operazione. E nell'angelo
l'intellezione non s'identifica con l'essere, come pure non
s'identifica con l'essere alcun'altra operazione; il che vale tanto
per l'angelo che per qualsiasi altra creatura. Quindi l'essenza
dell'angelo non è la di lui potenza intellettiva. Del resto nessuna
essenza di cose create è la potenza operativa delle medesime.”
(I, Q.54 a3).
Se
l'Angelo, come l'uomo, è connotato da “Potenza” e “Atto”,
tuttavia il suo intelligere non è distinto come quello dell'uomo in
potenziale e attivo:
“RISPONDO: La necessità di ammettere in noi un intelletto
possibile è derivata dal fatto che non sempre noi siamo intelligenti
in atto ma solo in potenza: ci deve essere quindi una certa virtù,
la quale prima dell'intellezione sia in potenza rispetto alle cose
intelligibili, e che viene posta in atto, relativamente ad esse,
quando ne acquista la scienza, e ulteriormente quando pensa ad esse.
Questa virtù è chiamata intelletto possibile. - La necessità poi
di ammettere un intelletto agente fu causata dal fatto che le essenze
delle cose materiali, che formano l'oggetto della nostra
intelligenza, fuori dell'anima non esistono come attualmente
immateriali e intelligibili, ma [fuori dell'anima] sono intelligibili
soltanto in potenza: ci vuole quindi una facoltà la quale renda
intelligibili attualmente tali essenze. E questa nostra facoltà
viene chiamata intelletto agente. Ora, negli angeli manca questa
doppia necessità. Gli angeli, infatti, né sono mai in potenza
rispetto a quelle cose che naturalmente conoscono, né i loro propri
oggetti intelligibili sono intelligibili in potenza, bensì in atto,
poiché, come si vedrà in seguito, essi intendono in primo luogo e
principalmente le cose immateriali. Perciò non può esserci in essi
l'intelletto agente e quello possibile, se non in senso metaforico.”
(I,
Q.54 a1)

C'è
un'altra differenza importante tra l'uomo e l'Angelo:
“RISPONDO:
Nella nostra anima ci sono alcune facoltà le cui operazioni si
compiono per mezzo di organi corporei. Tali facoltà sono perfezioni
di determinate parti del corpo: la vista, p. es., lo è dell'occhio,
e l'udito dell'orecchio. Vi sono invece nella nostra anima certe
altre facoltà, come la volontà e l'intelligenza, le cui operazioni
non sono compiute per mezzo di organi corporei: e tali facoltà non
sono perfezioni di nessuna parte del corpo. Ora, gli angeli, come si
è visto, non sono uniti naturalmente a dei corpi. Perciò di tutte
le facoltà dell'anima non possono avere che l'intelligenza e la
volontà. E ciò corrisponde a quanto dice il Commentatore, quando
afferma che le sostanze separate constano di intelletto e di volontà.
- Del resto è anche conforme all'ordine dell'universo che la suprema
creatura intellettiva sia totalmente intellettiva, e non in parte
soltanto, come l'anima nostra. - Ed è appunto per questo che gli
angeli sono chiamati Intelligenze e Menti, come si è detto più
sopra.”
(I, Q.54 a5)
L'Angelo
inoltre “essendo l'angelo immateriale, è una forma sussistente, e
quindi è attualmente intelligibile. Ne segue che egli conosce se
stesso mediante la sua forma, che è la stessa sua sostanza.” (I,
Q.56 a1). Anche la conoscenza degli altri Angeli è diversa che per
noi: “RISPONDO:
Come dice S. Agostino, le cose che si trovano nel Verbo da tutta
l'eternità, scaturirono da lui in due modi: prima di tutto [furono
comunicate] all'intelletto angelico; in secondo luogo vennero a
sussistere nella propria natura. Furono comunicate all'intelletto
angelico in quanto Dio impresse nella mente angelica le immagini di
quanto egli produsse poi nella natura. Ora, nel Verbo di Dio, da
tutta l'eternità, non ci furono soltanto le idee delle cose
corporee, ma altresì quelle di tutte le creature spirituali. Il
Verbo di Dio ha dunque impresso in ogni creatura spirituale le idee
di tutto le coso, tanto materiali che spirituali. In ogni angelo però
impresse l'idea [o ragione] della propria specie, tanto secondo
l'essere naturale che secondo quello intelligibile; in modo cioè che
l'angelo fosse in grado di sussistere come natura della propria
specie, e, per mezzo di essa, di comprendere se stesso; mentre le
idee delle altre nature, sia spirituali che materiali, gli furono
impresse soltanto secondo l'essere intelligibile, affinchè cioè per
mezzo di queste idee impresse potesse conoscere tanto le creature
corporee che quelle spirituali.”
(I, Q56 a2)
Al
pari di noi, tuttavia, neppure gli Angeli possono conoscere l'essenza
di Dio: “...l'angelo
conosce Dio in quanto egli stesso ne è un'immagine. Non vede
tuttavia l'essenza stessa di Dio: poiché nessuna immagine creata è
in grado di rappresentare pienamente l'essenza divina. Quindi questa
cognizione si avvicina piuttosto alla [nostra] conoscenza speculare:
poiché la stessa natura angelica è uno specchio che riflette una
immagine di Dio.”
(I, Q.56 a3).
Per
quanto concerne la conoscenza delle cose materiali invece “...Ora,
gli angeli sono di loro natura esseri intellettuali. Perciò, come
Dio conosce le cose materiali per mezzo della sua essenza, così gli
angeli conoscono tali cose in quanto le hanno presenti in se stessi
per mezzo delle rispettive specie intelligibili.”
(I, Q57 a1)
Inoltre
“...Si
deve perciò procedere diversamente, e dire che, come l'uomo conosce
ogni genere di cose con le sue varie facoltà conoscitive, cioè
quelle universali e immateriali con l'intelletto, e quelle singolari
e corporee con i sensi, così l'angelo con la sola facoltà
intellettiva conosce tanto le une che le altre. L'ordine delle cose
vuole infatti che quanto più un essere è superiore, tanto abbia una
virtù più semplice capace di estendersi a un maggior numero di
cose. Lo dimostra il fatto che nell'uomo il senso comune, che è
superiore al senso proprio, sebbene sia un'unica potenza, conosce
tutte le cose che sono apprese dai cinque sensi esterni, e conosce in
più altri aspetti che non sono percepiti da nessun senso esterno, p.
es., la differenza del bianco dal dolce. La stessa cosa si verifica
in altri campi. Essendo quindi l'angelo superiore all'uomo, sarebbe
poco ragionevole affermare che l'angelo non è in grado di conoscere
con la sua unica facoltà conoscitiva che è l'intelletto, quanto
l'uomo conosce con una qualsiasi delle sue potenze.”
(I, Q57 a2)
Tra
le possibilità di conoscere degli Angeli San Tommaso disamina anche
la possibilità di conoscere il futuro, i sentimenti dei cuori ed i
misteri della Grazia. Per quanto concerne la prima, la conoscenza del
futuro in sé appartiene propriamente solo a Dio. Al pari di noi –
ed in modo superiore e più perfetto – l'Angelo può però dedurre
il futuro dalla realtà presente (I, Q.57 a3). Per i secondi invece,
al pari che per i pensieri, sono conoscibili direttamente solo da
Dio, tuttavia al pari dell'uomo ed in maniera più perfetta, l'Angelo
può desumerli indirettamente ad es. da una espressione del volto o
dal suo mutamento, dalle azioni etc.. Infine, per quanto riguarda i
misteri della Grazia essi sono conoscibili, in modo e grado diverso
dagli Angeli in quanto essi partecipano della beatitudine, ovvero
della contemplazione di Dio. Questa che è conoscenza del Bene li
inclina al Bene e questa è la loro volontà:

“RISPONDO:
È necessario ammettere nell'angelo la volontà. Per averne la
dimostrazione bisogna considerare che tutte le cose, poiché
procedono dalla volontà di Dio, tendono, ciascuna a suo modo, e
quindi diversamente, al bene. Alcune hanno soltanto un'inclinazione
naturale al bene, senza conoscerlo, come le piante e i corpi
inanimati. Questa inclinazione al bene viene chiamata appetito
naturale.
- Altri esseri poi tendono al bene per averlo in qualche modo
conosciuto, non già che conoscano la natura stessa del bene, ma
conoscono qualche bene particolare, come fa il senso che conosce il
dolce o il bianco o altre simili cose. L'inclinazione che accompagna
questa cognizione vien chiamata appetito
sensitivo.
- Altri esseri infine tendono al bene conoscendo la natura stessa del
bene, il che è proprio dell'intelletto. Questi esseri tendono ai
bene in modo perfettissimo; perciò non tendono al bene solo perché
ricevono l'impulso e la direzione da un altro essere, come le cose
non dotate di cognizione; e neppure tendono soltanto a un bene
particolare, come gli esseri che hanno la sola cognizione sensitiva;
ma sono inclinati al bene universale. Questa inclinazione si chiama
volontà.
Ora, è evidente che negli angeli, i quali conoscono con l'intelletto
la stessa ragione universale di bene, ci deve essere la volontà.”
(I, Q.59 a1)
La
Volontà dell'Angelo tuttavia non coincide né con la sua natura né
con il suo intelletto. Sia la Volontà, sia l'Intelletto infatti –
tranne che in Dio – sono volti a ciò che è fuori di essi:
l'intelletto
si estende a quello che è fuori di esso, nella misura in cui ciò
che fisicamente è fuori dell'intelletto è ordinato ad essere in
qualche modo nell'intelletto stesso. L'inclinazione dell'Intelletto è
il Vero. La volontà invece si estende a quel che è fuori di essa,
in quanto per la sua inclinazione tende alla realtà esteriore.
L'inclinazione naturale della Volontà è il Bene.
Dio
invece ha in sé stesso la totalità dell'Essere, del Vero e del Bene
cosicché volontà e intelletto sono la sua stessa essenza.
Essendo
dotati di Intelligenza gli Angeli hanno il libero arbitrio, di per sé
connaturato all'Intelletto:
“...Soltanto
chi possiede l'intelligenza può agire in forza di un giudizio
liberamente concepito, poiché, conoscendo la ragione universale di
bene, può giudicare se questa o quella cosa siano un bene. Perciò
dovunque abbiamo l'intelligenza, troviamo pure il libero arbitrio. È
dunque evidente che negli angeli vi è il libero arbitrio più
perfetto ancora che negli uomini, come si verifica per
l'intelligenza.”
(I, Q.59 a3).
Negli
Angeli, tuttavia, a differenza degli uomini, non vi è appetito
sensitivo (il quale tende ai beni particolari) ma solo l'appetito
intellettivo (il quale tende al Bene secondo la sua ragione
universale), ossia la Volontà, essi dunque sono esenti sia
dall'irascibile che dal concupiscibile.
L'atto
della Volontà è la dilezione o amore. Ebbene negli Angeli in quanto
dotati di Intelletto è presente la dilezione naturale che è
principio anche di quella deliberata. L'Angelo ama sé stesso sia per
dilezione naturale che per dilezione deliberata, ama gl'altri Angeli
per dilezione deliberata ed ama Dio più di sé stesso:
“...Poiché
dunque Dio è il bene universale, e sotto questo bene rientrano
l'angelo, l'uomo e ogni altra creatura, essendo ogni creatura in
tutto il suo essere qualche cosa di Dio, ne segue che anche
naturalmente l'angelo e l'uomo amano Dio prima e più di se stessi.”
(I, Q.60 a5)
Per
quanto riguarda la relazione degli Angeli tra loro, un Angelo può
illuminare l'Intelletto di un altro ma non può condizionarne la
Volontà.
Per
quanto concerne invece la relazione con la materia San Tommaso
riprende la tesi che sia l'Intelletto a muovere la Materia:
“RISPONDO:
Tanto nel mondo delle cose umane, quanto nel mondo delle cose
materiali riscontriamo questa norma universale, che un potere più
ristretto è governato e guidato da un potere più universale; così
il potere del magistrato è governato dal potere del re. E anche a
proposito degli angeli si è detto che gli angeli superiori, che
presiedono a quelli di grado inferiore, possiedono una scienza più
universale. Ora, è evidente che la virtù di qualsiasi essere
corporeo è più ristretta di quella di una sostanza spirituale:
perché ogni forma corporea viene resa individuale dalla materia, e
determinata alle condizioni del tempo e dello spazio; mentre le forme
immateriali sono sciolte da quelle condizioni e intelligibili. Per
conseguenza, come gli angeli inferiori, che hanno forme intenzionali
meno universali, sono governati per mezzo di quelli superiori; così
tutti i corpi sono governati per mezzo degli angeli. - E questa è la
sentenza non solo dei santi Dottori, ma anche di tutti i filosofi che
hanno ammesso l'esistenza delle sostanze immateriali.”
(I, Q.110 a1)
In
particolare Come gl'Angeli superiori possono illuminare quelli
inferiori, così, tutti gl'Angeli avendo natura superiore agl'uomini
possono illuminare quet'ultimi. Tuttavia “il
modo di queste due illuminazioni è in parte simile e in parte
diverso. Infatti, come si è detto precedentemente, si ha
l'illuminazione, che è manifestazione delle verità divine, in due
funzioni: vale a dire, nel fatto che l'intelletto inferiore è
corroborato dall'influsso di quello superiore; e nel fatto che le
specie intelligibili, presenti nell'intelletto superiore, vengono
offerte all'intelletto inferiore adattate alla capacità di esso.
Negli angeli ciò si verifica per il fatto che l'angelo superiore,
come si è visto, suddivide la verità, da lui concepita in tutta la
sua universalità, secondo le capacità dell'angelo inferiore. Ora,
l'intelletto umano non può afferrare la nuda verità intelligibile;
perché è a lui connaturale intendere mediante il ricorso ai
fantasmi, come si disse. Perciò la verità intelligibile gli angeli
la presentano all'uomo sotto immagini sensibili, secondo quanto dice
Dionigi: "È impossibile che rifulga altrimenti a noi il raggio
divino, se non avvolto dalla varietà dei velami sacri". -
Quanto all'altra funzione è certo che l'intelletto umano, data la
sua inferiorità, riceve un aiuto dall'influsso dell'intelletto
angelico. Secondo questi due aspetti, dunque, va intesa
l'illuminazione dell'uomo da parte degli angeli.”
(Summa I, Q111)

In
quest'ambito si colloca l'azione degli Angeli Custodi assegnati a
ciascun uomo per guidare al Bene ma anche l'azione degl'Angeli in
genere nei confronti degli uomini. In particolare gl'Angeli possono
1) trasmutare gl'uomini con la loro Virtù naturale; 2) possono agire
nell'esercizio del loro ministero in quanto inviati da Dio; 3)
popssono custodirli; 4) gl'angeli caduti o demoni possono
osteggiarli.
Gl'Angeli
possono infatti agire sull'Intelletto dell'uomo
illuminandolo:”...l'intelletto umano non può afferrare la nuda
verità intelligibile; perché è a lui connaturale intendere
mediante il ricorso ai fantasmi, come si disse. Perciò la verità
intelligibile gli angeli la presentano all'uomo sotto immagini
sensibili, secondo quanto dice Dionigi: "È impossibile che
rifulga altrimenti a noi il raggio divino, se non avvolto dalla
varietà dei velami sacri". - Quanto all'altra funzione è certo
che l'intelletto umano, data la sua inferiorità, riceve un aiuto
dall'influsso dell'intelletto angelico. Secondo questi due aspetti,
dunque, va intesa l'illuminazione dell'uomo da parte degli angeli.”
(Summa, I Q 111 a1).
Inoltre
gl'Angeli possono agire anche sulla Volontà dell'uomo sebbene
soltanto dall'esterno. Infatti:
“La
volontà può essere mossa in due modi. Primo, dall'interno. Orbene,
poiché il moto della volontà non è altro che la sua inclinazione
verso la cosa voluta, muovere la volontà nel predetto modo è
proprio di Dio solo, che conferisce alla natura intellettiva la virtù
necessaria per tale inclinazione. Come infatti l'inclinazione
naturale proviene soltanto da Dio, che dà la natura alle cose: così
l'inclinazione della volontà proviene soltanto da Dio, che causa il
volere. Secondo, la volontà può esser mossa dall'esterno.
Nell'angelo ciò è possibile in un modo soltanto, cioè mediante il
bene appreso con l'intelletto. Perciò uno può muovere la volontà
di un altro, presentandogli un oggetto come un bene desiderabile. E
anche così Dio solo può muovere irresistibilmente la volontà;
l'angelo e l'uomo invece, e si è già visto, soltanto facendo opera
di persuasione. - La volontà umana pero, può essere mossa
dall'esterno anche in altra maniera, e cioè dalla passione che sorge
nell'appetito sensitivo; così la volontà viene spinta a volere
qualche cosa dalla concupiscenza o dall'ira. E per questo verso, in
quanto hanno il potere di suscitare tali passioni, possono muovere la
volontà anche gli angeli. Non è tuttavia un moto necessitante:
perché la volontà resta sempre libera di acconsentire o resistere
alla passione.”
(Summa Q.111 a2)
Anche
sull'Immaginativa dell'uomo gl'Angeli possono agire:
“Tanto
gli angeli buoni che quelli cattivi possono, in forza del potere
della loro natura, influire sull'immaginativa dell'uomo. E la cosa si
può spiegare così. Si è detto che la natura corporea obbedisce
agli angeli quanto al moto locale. Perciò, tutti i fenomeni
derivanti dal moto locale dei corpi, rientrano nel potere naturale
degli angeli. Ora, è chiaro che le immagini della fantasia sono
talvolta causate in noi dagli spostamenti degli spiriti (vitali) e
degli umori. Difatti Aristotele, nell'assegnare la causa dei sogni,
afferma che "quando l'animale dorme, all'affluire copioso del
sangue al principio (o radice) della sensibilità, vi affluiscono
insieme i moti", cioè le impressioni lasciate dalle mozioni
degli oggetti sensibili, che si conservano negli spiriti vitali, "e
muovono il principio della sensibilità", in modo da produrvi
delle apparizioni, come se allora tale principio fosse stimolato
dagli oggetti esterni. E può essere tanto forte l'agitazione degli
spiriti e degli umori, da produrre tali apparizioni anche nello stato
di veglia: come accade ai pazzi e ad altri alienati. Quindi, come
siffatti fenomeni possono verificarsi per un turbamento naturale
degli umori, e talvolta per mezzo della stessa volontà dell'uomo,
che volontariamente riproduce con
l'immaginazione
quanto aveva percepito con i sensi; così possono anche verificarsi
per influsso di un angelo buono o cattivo, a volte con astrazione dai
sensi corporei, a volte senza tale astrazione.”
(Summa Q111 a3)
Ed
infine essi possono agire anche sui sensi dell'uomo:
“I
sensi possono esser mossi in due modi. Primo, dall'esterno; come
quando son mossi dagli oggetti sensibili. Secondo, dall'interno:
vediamo infatti che essi si alterano, quando si turbano gli spiriti
vitali e gli umori organici; così il gusto del malato, avendo la
lingua cosparsa di umore bilioso, sente tutto amaro; e lo stesso
accade per gli altri sensi. Ora, gli angeli, col loro potere
naturale, sono in grado di muovere i sensi dell'uomo in ambedue i
modi. Infatti, dall'esterno possono presentare ai sensi oggetti
sensibili, o esistenti già nella natura, o formati da loro stessi,
come fanno quando assumono un corpo, secondo quanto si disse.
Dall'interno poi, si è detto, possono muovere gli spiriti vitali e
gli umori, e, per mezzo di essi, produrre alterazioni varie nei
sensi.”
(Summa Q111 a4).
La
trattazione degli Angeli da parte di San Tommaso è considerata, come
molte altre sue, una delle più importanti ed esaustive, tuttavia
sebbene questa trattazione riguardi genericamente tutti gl'Angeli ma
in primis quelli Fedeli, quella specifica degl'Angeli caduti, è
oggetto specifico del De Malo.
francesco
latteri scholten