martedì 15 novembre 2016

Il diritto positivo in San Tommaso d'Aquino




Il diritto naturale ha in San Tommaso d’Aquino una sua grande intrinsecità e fondamentalità. Esso ha però anche un grande limite: la genericità. La vita dell’uomo è infatti eminentemente sociale, dunque comunitaria e politica ed in quanto tale essa esige una normazione particolareggiata, ben definita e determinata al caso specifico e concreto. E’ necessaria perciò una legge umana positivamente sancita. Tra le diverse cose che mi hanno colpito, studiando la Summa Theologiae dell’aquinate, c’è il fatto che se per lui la legge prima è quella con cui Dio ordina e crea l’universo e lo dirige al suo fine, se la manifestazione di questa legge nella cratura razionale è la legge naturale, che si ricollega con le potenze dell’intelletto e della volontà alle virtù - dove peraltro mi è sembrato leggere più che un discorso etico/morale, un vero trattato giuridico - , è altrettanto vero che poi l’aquinate dà questa definizione di legge: Comando della ragione ordinato al bene comune, promulgato da chi è incaricato di una collettività. (Q. 90, art.1). E’ una definizione giuspositivista, data alla Quaestio 90, la prima di quelle inerenti la legge, precedente la Q. 91, dove la legge è distinta in eterna, naturale etc. Sembra allora che si possa affermare che, sebbene la prima legge sia quella eterna e poi quella naturale, San Tommaso intenda propriamente come legge (giuridicamente intesa) la legge positiva e come ius lo ius positivo. Questa opinione pare legittimata anche da latre affermazioni fatte sempre alla Q. 90 : a) La legge è qualcosa che appartiene alla ragione (art.1) e ogni legge è ordinata al bene comune (art.2). b) Fare le leggi spetta o all’intero popolo, o alla persona pubblica che ha la cura di esso (art.3). c) La promulgazione è necessaria alla legge perché abbia 


vigore. La prima affermazione del punto a) ci riconnette anche al diritto naturale e così alla legge eterna, mentre già la seconda riconduce invece al diritto in quanto diritto positivo e questo fanno in modo ancora più esplicito le affermazioni degli altri punti. L’opinione sembra essere ulteriormente sostenuta anche dalla definizione di legge umana data nella Q. 91 dove Tommaso disamina le diverse leggi (eterna, naturale etc): la ragione umana dai precetti della legge naturale come da principi universali dispone delle cose in modo particolare, queste disposizioni particolari sono la legge umana. La legge naturale dà dunque dei semplici principi generali, dei criteri, mentre la normazione propria è quella del particolare, data dalla legge umana, dallo ius in quanto positivo. Tuttavia, se lo ius in quanto tale è tale appunto perché positivo, d’altra parte la qualità di iustum gli è conferita dalla partecipazione a quei principi generali propri del diritto naturale. Nella definizione di legge data dall’aquinate ciò è specificato dalla dicitura comando della ragione, in quanto questa è lo specifico dell’uomo, della sua natura. Dalla definizione data appare però che non basta semplicemente che la norma positiva sia ispirata dalla legge naturale come da un principio generale, occorre di più. E’ necessario infatti che il comando della norma positiva in quanto positiva sia finalizzato ad un fine positivo legittimo: il bene comune, ed infatti egli specifica: … il fine della legge umana è l’utilità degli uomini (Q. 95, art. 3). Dunque la norma positiva trae i suoi principi generali dal diritto 



naturale per normare il caso particolare e finalizzare il tutto al bene della comunità. San Tommaso esplicita questo doppio riferimento della legge positiva – da un lato legge eterna, naturale, Dio, dall’altro il bene degl’uomini – relazionandosi alle celebri tre condizioni della legge poste da Sant’Isidoro: 1) che la legge sia coerente con la religione (in quanto proporzionata alla legge divina). 2) Che la legge convenga alla disciplina (in quanto proporzionata alla legge naturale). 3) Che la legge sostenga il benessere degl’uomini (in quanto relativa all’utile degl’uomini). La legge deve dunque rispondere al bonum divinum ed al bonum humanum. L’uomo è moralmente obbligato ad osservare la legge che risponda ad entrambi i questi requisiti. L’obbligazione per San Tommaso non è tuttavia semplicemente morale ma positiva cioè coercitiva, e deve essere anzi normato e coercito positivamente anche il diritto naturale, perché Gl’uomini hanno in sé un appetito naturale alla virtù, è tuttavia necessario disciplinarli a ciò, anche a causa delle inclinazioni contrarie e dunque ricondurre eventualmente con la forza alla virtù. Sono dunque necessarie pene cogenti e la disciplina delle leggi per la pace degli uomini (Q. 95 art. 1). Sempre circa l’obbligatorietà, per l’aquinate, l’uomo può, e talvolta deve non osservare la legge che non risponda al bene comune, nel qual caso è da considerare alla stregua del comando di un bruto, mentre deve sempre non osservare la legge che va contro il bonum divinum. Questi concetti costituiscono anche la base del pensiero politico di San Tommaso, tanto nel De regimine principum quanto nel De regno. Nel De regimine si sofferma sulla necessità che nella società vi sia chi la indirizzi rettamente perché E’ necessario dunque che nella società vi sia un principio direttivo e nel De regno egli esplicita chiaramente: Se dunque una società di uomini liberi è ordinata da chi la governa al bene comune della società stessa, il governo sarà retto e giusto quale si conviene a uomini liberi. Se invece il governo, anziché al bene comune della società, è ordinato al bene privato del governante, avremo un governo ingiusto e perverso. Sono finalizzati al bene comune e perciò giusti la monarchia, l’aristocrazia e la politia, sono forme perverse la tirannide, l’oligarchia e la ma democrazia. San Tommaso nega il tirannicidio, ma sostiene la resistenza passiva fino alla morte contro la legge che neghi il bonum divinum. Come si vede il diritto naturale si ricollega a quello positivo e questo alla concezione politica dello Stato.
francesco latteri scholten.

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