domenica 10 novembre 2013

Aristotele e San Tommaso d'Aquino: mai stati dogmatici (di contro alle loro scuole).



Come quella di ogni tempo, anche la cultura moderna ha spesso le sue lacune ed i suoi pregiudizi e perciò opera delle attribuzioni radicalmente false ed attribuisce ad altri ciò che magari invece già spettava agli antichi. E' quanto accade spesso ad es. con Aristotele uno dei ricercatori e sperimentatori più grandi tacciato spesso, a causa dei suoi seguaci di epoca successiva, di dogmatismo. Accade così che attribuiamo oggi, ad es, a Darwin concetti e teorie evoluzionistiche che invero furono già di Aristotele. E' stato infatti lo stagirita il vero fondatore della Embriologia e della Paleontologia, e, quando Alessandro Magno, di cui il nostro fu precettore, inviava i pionieri per le avanscoperte militari, lui gl'affiancava scienziati suoi collaboratori incaricati di studiare flora e fauna e reperti e riportarli. Dall' Embriologia e dalla Paleontologia, come oltre duemila anni dopo Charles Darwin, Aristotele ricaverà il concetto dell'evoluzione della Vita dalle forme più semplici a quelle più complesse, cosa che enuncerà tra l'altro nel suo celeberrimo "Perì Psyches" noto col titolo latino di "De Anima". Un testo fondamentale - e tutt'altro che antiquato come si vede - non solo per la Filosofia, in cui si riprende anche la nozione di tripartizione del sistema nervoso in vegetativo, sensitivo e razionale, anch'esso confermato dalla medicina contemporanea. Non un "dogmatico", neppure con la "d" minuscola, ma un grandissimo sperimentatore che mai avrebbe accettato di lasciarsi imbrigliare - e soprattutto di lasciare imbrigliare il proprio pensiero - da un dogma qualsivoglia e meno che mai religioso, tant'è che fu accusato, tra l'altro, di "irreligiosità", accusa gravissima all'epoca. Similmente San Tommaso d'Aquino, uno degli studiosi più autorevoli del Grande Maestro, e sicuramente il più importante della sua epoca. Mezzo italiano e mezzo tedesco nonché cugino dell'imperatore tedesco regnante all'epoca, Tommaso si accinse, sotto la guida del suo Maestro Sant'Alberto Magno, allo studio di Aristotele quando era ancora all'indice e lo fece sui testi arabi, gl'unici disponibili. In contrasto alle direttive della Chiesa di allora - ancora impegnata nelle crociate - tramite contatti con gl'arabi riuscì da loro a procurarsi i testi greci del Grande Antico. Li tradusse servendosi di un suo amico importante professore di greco: sono i primi testi delle opere di Aristotele finalmente di nuovo disponibili in Occidente. Il contatto con gl'arabi non fu per Tommaso semplicemente l'occasione del recupero di Aristotele e del confronto con lo stagirita, bensì quello, ben più vasto, con la cultura e la filosofia dei grandi Maestri Orientali, dal cui confronto originano anche direttamente dei lavori filosofici. Due fugure titaniche dunque caratterizzate da una estrema ampiezza di orizzonti e di vedute, con le quali la "Modernità" farebbe assai bene ad operare una riconsiderazione ed una radicale rivalutazione, non all'insegna - si capisce - di un conservatorismo fuori luogo, ma del più autentico progressismo: quello che fu loro proprio.

francesco latteri scholten.

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